Cassazione, ricorso ammissibile anche in caso di errore nell’indicazione del motivo.
L’errata indicazione di una norma nell’intestazione del motivo specifico di ricorso per Cassazione, non è causa di inammissibilità dell’atto purchè l’effettivo motivo di doglianza emerga dal contenuto testuale del ricorso. E’ quanto ha disposto la Corte di Cassazione a Sezioni Unite in concomitanza della Sentenza N°17931 del 24/07/2013. Pertanto, per quanto il giudizio in Cassazione sia “a critica vincolata”, l’indicazione di un “numero” sbagliato dell’art.360 c.p.c. non può da sola implicare la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, se la doglianza mossa dal ricorrente è comunque chiara e definibile. Il presente lavoro richiama il principio giurisprudenziale, non di poco conto, evidenziato dai Giudici della Suprema Corte, che conferma le direttive ultime palesate dal Primo Presidente stesso, da tenere presente nella redazione dei prossimi ricorsi.
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-Le modifiche apportate all’art.360 comma 1 dal D.L. n°83/12
Facendo seguito al deposito dell’Ordinanza n°23273 depositata in data 14/10/2013, la VI Sezione della Corte di Cassazione, ha chiesto chiarimenti alle Sezioni Unite circa la possibile applicabilità anche in materia tributaria, delle modifiche ultime apportate al Codice di procedura civile così come disposte dal D.L.n°83/2012. Nello specifico, le modifiche in questione, di indubbio rilievo, sono sostanzialmente due e riguardano, in particolare:
– a) la tipologia di vizi che possono essere addotti innanzi alla Corte di Cassazione in relazione alla specifica motivazione;
– b) l’impossibilità che l’omesso esame di un fatto decisivo in ordine alla controversia venga denunciato in Cassazione, ogni volta che i giudici di primo e secondo grado hanno, comunque, ricostruito il fatto nella sua essenza nello stesso modo; si parla, in tal caso, di doppia conforme.
La previsione normativa che ha subito la prima modifica è quella disposta dall’art.360, comma 1 n°5) c.p.c. Il legislatore ha espressamente escluso per le sentenze depositate dopo l’11 settembre 2012 la possibilità, da parte del ricorrente, di potere eccepire un vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e ha fatto salva la possibilità che venga denunciato solo un omesso esame riferito ad un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Con riferimento a tale specifico assunto e’ di tutta evidenza la volontà del legislatore, di volere così ridurre il numero di ricorsi per cassazione sottoposti al vaglio dei giudici della Suprema Corte.
La seconda novità sopra richiamata, riguarda la totale insindacabilità del difetto di motivazione nel caso in cui la decisione depositata in sede di gravame sia evidentemente fondata sulle stesse ragioni inerenti alla questione di fatto che si trovano nella sentenza di prime cure.
Detto questo, quello che le Sezioni Unite della stessa Corte di Cassazione dovranno stabilire è se le modifiche, come sopra richiamate, possano essere estese anche alla materia tributaria o, invece, debbano riguardare unicamente la Cassazione civile. Il dubbio sussiste in considerazione del fatto che da un lato le disposizioni in questione non prevedono l’applicabilità delle stesse al comparto della materia tributaria; dall’altro lato, non può comunque essere taciuto il fatto che la normativa di riferimento che giustifica le doglianze specifiche davanti alla Corte di Cassazione, non prevede alcuna differenza in quanto il giudizio in Cassazione è unico. Lo scrivente propende per questo secondo orientamento sicuramente più aderente alle previsioni normative contenute nel Codice di procedura civile.
–La SENTENZA N°17931 del 24 luglio 2013 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite
Le direttive ultime palesate dalla stessa Corte di Cassazione al fine di non cadere in cause di inammissibilità dell’azione proposta innanzi alla Suprema Corte, sono quelle di individuare nello specifico e direttamente i motivi di opposizione, tralasciando l’importanza che spesso viene data al numero di pagine o alla documentazione da allegare. L’azione giudiziale deve essere, pertanto, mirata e specifica relativamente ai motivi di impugnazione, facendo salva l’osservanza dei principi di chiarezza e sinteticità che inevitabilmente espongono meno lo stesso ricorrente, a possibili cause di inammissibilità in cui il ricorrente potrebbe incorrere.
In quest’ottica, se vogliamo, si colloca la pronuncia a Sezioni Unite della stessa Corte di Cassazione N°17931 del 24 luglio 2013 che sembra confermare i “principi direttivi” richiamati dai giudici di Palazzaccio. In particolare, le Sezioni Unite della Suprema Corte, risolvendo un contrasto di orientamenti hanno deciso che in caso di ricorso per cassazione, lo stesso, deve essere dichiarato inammissibile, allorchè, il ricorrente, nel lamentare l’omessa pronuncia in ordine ad una delle domande od eccezioni formulate, non solo menzioni un motivo non pertinente ed ometta di menzionare quello di cui all’art.360 comma 1 n°4) c.p.c. in relazione all’art.112 c.p.c. ,ma, sostenga, altresì, che la motivazione sia stata omessa o, sia comunque, insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge. Tuttavia, il ricorso per cassazione resta ammissibile, qualora, comunque, il motivo, pur senza richiamare il n°4) del comma 1° dell’art.360 c.p.c faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dalla omissione.
In sostanza, quanto palesato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione in concomitanza della pronuncia in commento, dispone, ad avviso di chi scrive, un principio giurisprudenziale di indubbio rilievo, sia in considerazione dell’Ordinanza n°23273 depositata in data 14 ottobre 2013 sopra richiamata, con la quale, come già segnalato, la VI Sezione della Corte di Cassazione ha chiesto lumi alle stesse Sezioni Unite, circa, l’applicabilità, anche in materia tributaria, delle modifiche apportate dal decreto sviluppo (D.L.n°83/12) al Codice di procedura civile; sia, soprattutto, in considerazione delle nuove linee guida “chiarezza e sinteticità” palesate dal primo Presidente della Corte di Cassazione al Presidente del CNF in carica e rivolte agli operatori del diritto che a seguito di procura speciale possono patrocinare innanzi alla Suprema Corte di Cassazione. La pronuncia, in occasione della quale si è espressa la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite rinviene da un caso specifico che ha visto il ricorrente indicare erroneamente nell’intestazione del motivo di doglianza, il n°5, comma 1 dell’art.360 c.p.c che riguarda l’omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, anziché, il n°4 dello stesso comma 1 dell’art. 360 c.p.c. in cui è invece prevista l’eccezione di nullità della sentenza o del procedimento.
In tal caso, le Sezioni Unite della Suprema Corte optando per la soluzione meno formalistica ha espressamente stabilito che l’errata indicazione di una norma specifica nell’intestazione del motivo di doglianza che legittima la presentazione del ricorso per cassazione, non può essere causa di inammissibilità dell’opposizione, “a condizione” che dalla lettura testuale del ricorso stesso inteso nella sua globalità appare chiara e, quindi, inequivocabile, l’eccezione specifica sollevata dal ricorrente.E’ chiaro, a parere di chi scrive, il ragionamento logico-giuridico adottato dai Giudici di Palazzaccio i quali, con riferimento alla casistica di cui sopra hanno ritenuto che sebbene il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione è evidentemente “a critica vincolata”, tuttavia, l’indicazione di un numero sbagliato riferito ad una specifica norma di legge, non può comunque ritenersi sufficiente a legittimare la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, qualora dal corpo testuale del ricorso risulta chiaro ed inequivocabile il motivo di impugnazione specifico denunciato dal ricorrente.
Tale ultimo assunto rende l’errata indicazione del numero riferito alla norma di legge richiamata in atti un mero “errore materiale” in ordine al quale, giustamente, la Suprema Corte ha inteso sorvolare, attribuendo, invece, rilevanza all’aspetto sostanziale che in tal caso non preclude l’ammissibilità stessa dell’azione giudiziale davanti alla Suprema Corte.
Tuttavia, al di là del principio giurisprudenziale in se, come palesato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in concomitanza della pronuncia in commento, a parere di chi scrive, è altrettanto interessante evidenziare che si tratta di un orientamento giurisprudenziale che sembra avvallare, o meglio, sembra essere in “stretta sintonia” con le direttive ultime espresse dalla stessa Corte di Cassazione, in ordine alle nuove modalità di redazione del ricorso per cassazione, a cui si è già fatto espresso richiamo.
In particolare, richiamando quanto già sopra evidenziato, in una lettera inviata dal primo Presidente della Corte di Cassazione indirizzata al Presidente in carica degli Avvocati, gli unici legittimati a patrocinare davanti alla Corte di cassazione, sono state evidenziate “le nuove linee operative” con le quali per la prima volta la Suprema Corte ha fornito suggerimenti in ordine alle modalità di stesura dei ricorsi per cassazione, compresi quelli tributari. L’orientamento che sembra prevalere è quello della “chiarezza e sinteticità”.
In altre parole, la redazione di ricorsi lunghissimi, spesso caratterizzati da un numero di pagine notevole in cui vengono evidenziati molteplici motivi di doglianza, non fanno che appesantire l’impugnazione oltre che aumentare le probabilità di incorrere in una delle molteplici previsioni di inammissibilità del ricorso previste ex lege, portando, spesso, il Collegio giudicante a perdere di vista il motivo centrale che ha legittimato l’opposizione della sentenza depositata dai Giudici di appello.
Al contrario, la riduzione dei motivi di doglianza, nonché, dello stesso numero di pagine che in linea di massima non dovrà superare le venti, secondo le direttive ultime segnalate dal Presidente della Corte di Cassazione nella lettera di cui sopra, rendono il ricorso per cassazione sicuramente più sintetico e più chiaro aumentando inevitabilmente la “forza d’impatto” dell’impugnazione stessa poichè in grado di supportare efficacemente sia la “specificità” dei motivi di ricorso sia, non meno, la “persuasività” delle argomentazioni chiamate a sorreggerli.
Ma, per potere fare nel migliore dei modi tutto questo occorre concentrare e ridurre i motivi di ricorso, il cui numero spesso si rivela una sorta di parcellizzazione della questione che rappresenta il fulcro della censura lamentata dal ricorrente mediante una ripetizione di concetti che sicuramente nuoce all’assetto complessivo del ragionamento richiamato in atti dal ricorrente.
Nella stessa ottica, più sostanzialistica e meno formale, si è mossa la Corte di Cassazione a Sezioni Unite che, non a caso, in concomitanza della Sentenza N°17931 del 24/07/2013 in commento ha scongiurato l’inammissibilità del ricorso per cassazione, allorquando, innanzi ad un mero errore materiale riguardante l’indicazione specifica della norma di legge così come richiamata dal ricorrente in sede di doglianze, è, comunque, chiara e inequivocabile, in “senso sostanziale”, la censura specifica che il ricorrente stesso vuole fare valere in sede di ricorso.
Ne deriva che, nella redazione dei prossimi ricorsi per cassazione non sarà possibile prescindere dai dalle nuove direttive palesate dalla stessa Corte di Cassazione a cui è strettamente subordinata l’ammissibilità dell’azione giudiziale di cui si tratta, minacciata sempre più da molteplici cause di inammissibilità che potranno essere scongiurata soltanto attraverso un’attenta e capillare lettura delle disposizioni normativa contenute nell’art.360, comma 1 c.p.c.
Avv. Giuseppe DURANTE