La richiesta dell’estratto di ruolo non costituisce prova della conoscenza dell’atto impositivo
In tema di contenzioso tributario solo la piena conoscenza dell’atto da parte del contribuente può consentire il consapevole esercizio del diritto di impugnativa. Pertanto, “la ratio” che legittima la previsione normativa secondo cui al contribuente non va di regola notificato l’estratto di ruolo bensì la cartella di pagamento nella quale il ruolo viene trasfuso ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 25 e 26 risiede proprio nell’esigenza di rendere conoscibili al medesimo le ragioni giuridiche ed i presupposti di fatto che hanno dato origine alla pretesa fiscale azionata dall’Amministrazione finanziaria. Ne deriva che l’acquisizione da parte del contribuente di una copia dell’estratto di ruolo in cui è indicata l’avvenuta iscrizione a ruolo che ha legittimato l’emissione della cartella di pagamento, non può assurgere a prova in ordine alla piena conoscenza dell’atto impositivo. Pertanto, il rilascio al contribuente richiedente dell’estratto di ruolo non ha alcuna valenza ne anche ai fini della decorrenza del termine utile di cui al D.lgs.n. 546 del 1992, art. 21 potendo legittimare al più l’impugnazione, peraltro facoltativa, del solo estratto di ruolo.
E’ quanto ha disposto la Suprema Corte di Cassazione in concomitanza dell’Ordinanza N° 22507 del 09 settembre 2019. Si tratta di una pronuncia con la quale Ermellini focalizzano una questione tutt’altro che pacifica in dottrina riconducibile alla casistica non infrequente in cui il contribuente, per ragioni diverse, ma soprattutto per esigenze di chiarezza richiede all’AdER un estratto di ruolo magari aggiornato attestante la situazione debitoria del medesimo alla data del rilascio. In questa casistica specifica è fatta salva l’opponibilità dell’estratto di ruolo ma è preclusa la finzione giuridica relativa all’avvenuta conoscenza dell’atto impositivo da parte del contribuente a cui il ruolo stesso si riferisce.
– Il caso:
La questione posta al vaglio degli Ermellini rinviene nel caso di specie dall’impugnazione di una intimazione di pagamento riferita ad una debenza TARSU per l’anno d’imposta 2004. L’intimazione di pagamento era stata preceduta dalla presunta notifica di una cartella di pagamento a detta del ricorrente mai ricevuta. La mancata notifica del titolo esecutivo aveva fatto prescrivere il debito tributario in oggetto delegittimando pertanto la richiesta di pagamento formalizzata in sede di riscossione coattiva. In sede di gravame i giudici tributari di appello rigettavano i motivi di doglianza mossi dal contribuente ritenendo avvenuta la notifica della cartella di pagamento emessa e notificata dall’agente della riscossione nell’interesse del Comune.
Avverso la sentenza di appello il contribuente ha proposto ricorso ai sensi dell’art.360 cpc ritenendo il giudicato di seconde cure meritevole di censura in sede di legittimità.
-L’estratto di Ruolo e la differenza rispetto al Ruolo:
Il ruolo, ai sensi dell’art.10 del DPR 602/1973 è l’elenco nominativo dei debitori e delle somme da essi dovute redatto dall’ufficio ai fini della riscossione coattiva a mezzo del concessionario preposto, val e adire dell’Agenzia delle entrate riscossione per quello che riguarda i tributi erariali. I tributi di spettanza comunale possono essere riscossi anche direttamente dall’ente impositore mediante ingiunzione fiscale ex R.D. 639/1910.
L’ufficio impositore titolare del credito tributario o previdenziale di cui si tratta con l’iscrizione a ruolo demanda all’AdER il compito di riscuotere coattivamente il credito in oggetto attivando quest’ultima tutte le procedure esecutive previste dal Titolo II del DPR n°602/1973.
Iscrivere a ruolo significa pertanto inserire nell’elenco il nominativo del debitore nonché la somma dallo stesso dovuta creando pertanto il titolo in considerazione del quale l’AdER sarà legittimata a procedere nella fase di riscossione coattiva e recuperare l’importo dovuto.
In particolare, ai sensi del combinato disposto di cui all’art.12 del sopra richiamato DPR n°602/1973 e dell’art.1 del D.M. 321/1999 il ruolo in senso cartolare deve contenere:
-i dati anagrafici del contribuente moroso;
-il suo codice fiscale;
-la tipologia di ruolo; ruolo ordinario oppure ruolo straordinario;
-la data in cui il ruolo è stato reso esecutivo;
-il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento; ovvero, in mancanza, della motivazione anche sintetica della pretesa tributaria;L
– il periodo d’imposta;
– l’importo dovuto a titolo di imposta, sanzioni ed interessi.
Diverso dal ruolo è invece l’estratto di ruolo che può essere definito un elaborato informatico interno all’amministrazione finanziaria procedente privo di qualsiasi potere impositivo e, pertanto, non impugnabile dal contribuente, se non nella casistica specifica legittimata dall’art.19, comma 3 del D.lgs.n°546/1992; ossia, la possibilità di impugnazione dell’estratto di ruolo sia pure atto interno dell’AdER eccependo nel caso di specie la mancata notifica degli atti prodromici in esso descritti o per mancata notifica degli stessi atti al contribuente o per l’inesistenza giuridica della notifica riconducibile agli stessi atti.
Infatti, è questa la casistica specifica a cui ha fatto riferimento la giurisprudenza di cassazione ultima che ha ritenuto impugnabile l’estratto di ruolo pur non essendo inserito tra gli atti indicati nell’art.19, comma 1 del D.lgs.n°546/1992.
Per quanto riguarda la natura giuridica dell’estratto di ruolo è di tutta evidenza che lo stresso è chiaramente un atto che ha valenza di rendicontazione del debito tributario o previdenziale che riproduce in se tutti gli elementi essenziali contenuti nella cartella di pagamento in esso richiamate; pertanto, si tratta evidentemente di un atto che ha una chiara valenza informativa finalizzata ad attestare la situazione debitoria del soggetto richiedente alla data del suo rilascio.
– Il Principio espresso dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza N°22507 del 09/09/2019:
Come già segnalato la questione posta al vaglio dei Giudici di legittimità nella casistica che ci occupa non è di poco conto se consideriamo che molto spesso il contribuente è portato a richiedere copia dell’estratto di ruolo presso l’AdER territorialmente competente, al fine di potere fotografare la situazione debitoria alla data del rilascio dell’estratto di ruolo.
Molti si sono chiesti se, in tal caso, la presa visione da parte del contribuente del contenuto dell’estratto di ruolo implica inevitabilmente l’avvenuta conoscenza sia pure ex post degli atti contenuti nell’estratto stesso; ossia, il contenuto di eventuali atti impositivi o cartelle di pagamento emesse e notificate ex ante a seguito di regolare iscrizione a ruolo da parte dell’ente impositore in quanto titolare del credito tributario in oggetto.
La Corte di Cassazione si è espressa su questo aspetto ritenendo che quanto contenuto nell’estratto di ruolo attesta semplicemente un fatto oggettivo verificatosi ex ante rispetto alla data di rilascio dell’estratto di ruolo che ha un valore di mera informazione non potendo pertanto assurgere ad atto sufficiente a suffragare la finzione giuridica relativa all’avvenuta conoscenza da parte del contribuente di quello che è il contenuto delle cartelle di pagamento in esso richiamate.
In merito a tale assunto, la stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite in concomitanza della pronuncia n°19704 del 2015 ha avuto modo di puntualizzare che l’estratto di ruolo è un documento non previsto da alcuna disposizione di legge e che, pertanto, può essere definito un semplice elaborato informatico creato dall’agente della riscossione assimilabile se vogliamo ad un atto interno e rilasciato solo su richiesta espressa del soggetto interessato contenente unicamente gli elementi riconducibili ad un atto impositivo o elementi che si riferiscono ad una pretesa impositiva diretta o indiretta.
Nonostante la riconosciuta natura meramente amministrativa dell’estratto di ruolo le ultime pronunce della Corte di Cassazione diversamente da quanto disposto dagli stessi Ermellini in passato (in linea con le SS.UU. – Cass. 6610/2013; Cass.22184/2017) hanno disposto l’impugnabilità dell’estratto di ruolo pur non rientrando esso espressamente tra gli atti indicati nel lungo elenco di cui all’art.19, comma 1 del D.lgs.n°546/1992, ritenendo la Corte comunque configurabile l’interesse ad agire del contribuente ex art.100 cpc in caso di doglianze che lamentano la mancata notifica o l’inesistenza giuridica della notifica che investe tutti o parte degli atti impositivi espressamente indicati nell’estratto di ruolo stesso (Cass.11439/2016; Cass.27799/2018).
E’ di tutta evidenza che in tal caso sussiste un evidente interesse ad agire del contribuente legittimato in termini di impugnativa dalla previsione normativa di cui all’art.19, comma 3 ultimo periodo del D.lgs.n°546/1992 in cui è fatta salva la possibilità di opposizione innanzi al giudice tributario dell’ultimo atto ricevuto dal contribuente unitamente al quale è possibile contestare la mancata notifica o l’inesistenza giuridica della notifica degli atti presupposti che lo hanno preceduto, prodromici rispetto all’ultimo atto ricevuto dal contribuente.
Ovviamente, la possibilità di impugnazione dell’estratto di ruolo quale atto impugnabile da parte del contribuente soggiace alla perentorietà del termine di cui all’art.21 del D.lgs.n°546/1992 come qualsiasi atto opponibile ex art.19 del D.lgs.n°546/1992. I sessanta giorni utili per l’opposizione dell’estratto di ruolo da parte del soggetto interessato decorreranno dalla data di rilascio dello stesso al soggetto richiedente da parte dell’AdER.
Con riferimento alla casistica posta al vaglio dei Giudici di Legittimità nell’Ordinanza in commento gli Ermellini hanno ritenuto censurabile la pronuncia depositata dalla CTR in sede di gravame ritenendola pertanto meritevole di cassazione con conseguente rinvio alla stessa CTR affinchè il giudice di appello riesamini la vicenda processuale in questione alla stregua dei principi normativi sopra richiamati.
Tale orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte rinviene in considerazione del fatto che in tema di contenzioso tributario solo la piena e diretta conoscenza dell’atto da parte del contribuente può permettere a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa rispetto all’atto stesso; fatta salva la casistica di cui al più volte richiamato art.19, comma 3 del D.lgs.n°546/1992 che consente come già segnalato l’impugnazione dell’ultimo atto ricevuto unitamente agli atti prodromici ricevuti ex ante dal contribuente Ciò, rappresenta un caso limite rispetto al principio generale.
L’orientamento assunto dalla Corte di Cassazione è giustificato dal fatto che l’estratto di ruolo ha una mera valenza amministrativa il cui fine è unicamente quello di fornire una informazione avente ad oggetto un fatto verificatosi oggettivo ex ante e con data certa; in quanto tale, esso non può assurgere a prova in ordine alla piena conoscenza dell’atto impositivo o della cartella di pagamento in esso richiamata.
Si tratta di atti particolarmente rilevanti che attengono generalmente alla fese della riscossione coattiva, e in quanto tali necessitano di una conoscenza diretta da parte del soggetto destinatario.
Da ciò deriva, come evidenziato dagli Ermellini quale ovvia conseguenza la mancata decorrenza del termine utile di cui all’art.21 del D.lgs.n°546/1992 per impugnare gli atti impositivi indicati nell’estratto di ruolo.
In altre parole, come già evidenziato i giudici di Legittimità hanno ritenuto preclusa la finzione giuridica che darebbe per conosciuto il contenuto di un atto solo richiamato nell’estratto di ruolo, sia esso cartella di pagamento o intimazione ad adempiere o atto esecutivo in senso stretto.