Dalla risoluzione del contratto di leasing spetta al concedente il pagamento dell’IMU
Corte di CASSAZIONE Sentenza N°6664 del 09/03/2020
MASSIMA
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Spetta al concedente il pagamento dell’IMU ma anche della TASI una volta risolto in via anticipata il contratto di leasing con il cessionario; ciò, indipendentemente dalla disponibilità effettiva del bene oggetto del contratto risolto da parte del concedente. E’ quanto ha disposto la Corte di Cassazione in occasione della pronuncia N°6664 del 09/03/2020.
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INTRODUZIONE:
La questione affrontata dagli Ermellini nella pronuncia in commento riferita ai contratti di leasing rapportati alla debenza IMU/TASI in circostanze particolari è stata molto dibattuta negli ultimi tempi, anche in considerazione di un orientamento giurisprudenziale di merito ma anche della stessa Corte di Cassazione non sempre uniforme alimentando ciò non poche difficoltà anche per i Comuni impositori nell’attribuzione della soggettività passiva IMU al concedente piuttosto che all’occupante- utilizzatore l’immobile; e ciò soprattutto, in caso di risoluzione anticipata del contratto di leasing.
In altre parole, in caso di risoluzione anticipata del contratto di leasing è sorto il problema di capire o meglio di individuare il diesa a quo da cui fare partire la soggettività passiva IMU riferita all’immobile oggetto del contratto sottoscritto ab origine tra concedente e occupante. Le recenti sentenze depositate dai Giudici di Palazzaccio vanno nella direzione di ritenere configurabile la soggettività passiva IMU in capo al concedente, già al momento della risoluzione del contratto di leasing, indipendentemente dalla effettiva restituzione o meno dell’immobile oggetto di leasing.
In altre parole, la Corte di Cassazione ha attribuito prevalenza, ai fini della soggettività passiva IMU/TASI, all’aspetto formale-contrattuale (risoluzione anticipata del contratto di leasing) rispetto a quello di fatto (mancata consegna dell’immobile oggetto di leasing). La ratio che giustifica tale orientamento va individuata nella perdita di efficacia tra le parti del contratto sottoscritto ab origine a seguito della sopravvenuta risoluzione contrattuale: ne deriva che, l’immobile, almeno formalmente, dal primo giorno successivo alla sopravvenuta risoluzione del contratto di leasing è nuovamente di proprietà del concedente. Ragione per cui, spetterà a lui il pagamento dell’IMU corrispondente nonché della TASI, quest’ultima, fino al 2019 poiché il tributo è stato estinto dal 1° gennaio 2020. Del resto, anche le modifiche ultime disposte dalla recente Legge n°160/2019 in materia di tributi locali (avviso di accertamento esecutivo – riscossione accellerata) non hanno cambiato lo scenario normativo sull’argomento né tanto meno hanno fornito chiarimenti degni di nota.
1.I TRATTI SALIENTI DEL CONTRATTO DI LEASING QUALE CONTRATTO ATIPICO
Per capire meglio i termini della questione impositiva rapportata nel caso de quo alla debenza IMU in capo al concedente, così come posta al vaglio dei giudici di Cassazione, ad avviso di chi scrive, è importante tracciare i tratti salienti di questa tipologia di contratto. In particolare, il contratto di leasing, o anche locazione finanziaria è un contratto atipico disciplinato da diverse fonti normative sia di tipo ordinario ma anche di natura regionale e secondaria.
Il contratto di leasing, in tutti i settori in cui viene applicato, segue uno schema di operazioni ben preciso e generalmente salvo particolari situazioni configura la presenza di due soggetti ben distinti in qualità di parti interessate e contraenti.
In particolare, le due parti in qualità di sottoscrittori del contratto sono l’ “utilizzatore” che configura colui il quale gode del bene oggetto del leasing a cui si contrappone il “concedente” ossia il soggetto che concede l’immobile (mobile) in leasing affinchè venga goduto dal primo. Si tratta, dunque, dal punto di vista giuridico, di un contratto essenzialmente bilaterale anche se in alcuni casi possano esserci anche tre parti del contratto. Tuttavia, con riferimento a quest’ultima ipotesi, non c’è uno scopo comune fra i tre contraenti, tale da consentire di applicare al contratto di leasing la disciplina dei contratti plurilaterali.
Il rapporto fra i due soggetti, come già segnalato, ha origine con la richiesta da parte del primo (utilizzatore) al secondo (concedente) di una prestazione di godimento di un bene immobile, mobile o mobile registrato. Con l’accettazione della richiesta da parte dell’impresa di leasing si genera il consenso necessario alla costituzione del contratto. L’elemento corrispettivo della prestazione è il pagamento di un canone periodico stabilito dal concedente da parte dell’utilizzatore.
Quando si giunge al termine di scadenza previsto nel contratto, si aprono tre diverse possibilità per l’utilizzatore:
- far scadere il contratto e restituire il bene che gli è stato dato in locazione;
- prorogare il contratto chiedendone il rinnovo al pagamento di un canone inferiore;
- acquistare il bene, pagandone il relativo prezzo di acquisto.
Quando viene stipulato il contratto, l’impresa di leasing consegna direttamente all’utilizzatore l’oggetto della locazione che può essere un bene materiale o in alternativa il denaro per l’acquisto dello stesso.
Dal momento della consegna l’utilizzatore deve provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell’oggetto.
Quale può essere il rischio sotteso in concomitanza di un contratto di leasing: che il bene immobile ceduto non venga consegnato o venga comunque consegnato tardivamente dall’utilizzatore nonché che presenti vizi o danni derivanti dal trasporto (solo se trattasi di bene immobile); oppure venga perso o distrutto dalla parte utilizzatrice (solo per i beni mobili). Le azioni esperibili nei confronti del produttore o costruttore a rimedio di tali vizi sono sempre a suo carico.
L’utilizzatore deve inoltre farsi parte attiva nella tutela dei diritti che il concedente vanta sul bene mediante azioni anche giudiziarie se necessario. L’opzione di acquisto del bene alla scadenza del contratto è esercitabile in una pattuizione ad esso separata. Tali oneri a carico dell’utilizzatore devono trovare diretta espressione nel contratto di leasing previa espressa menzione nell’atto pubblico.
I giudici della stessa Corte di Cassazioni distinguono generalmente tra leasing di godimento chiamato anche operativo e leasing traslativo detto anche finanziario.
Per quanto riguarda il primo, ossia, il leasing operativo o di godimento si ha quando la durata del contratto corrisponde a quella tecnico-economica del bene e il canone al corrispettivo del godimento. Il bene oggetto di godimento è di proprietà del concedente o è lo stesso a produrlo.
Nel caso di risoluzione anteriore rispetto alla scadenza, l’impresa di leasing può non restituire i canoni periodici già pagati. Si applica infatti in tal caso il primo comma dell’articolo 1458 cc. che disciplina espressamente gli effetti della risoluzione contrattuale il quale afferma che “La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”.
Ed è qui che si innesta la questione IMU posta al vaglio dei Giudici di Palazzaccio nella pronuncia in commento, vale a dire, la soggettività passiva IMU in caso di risoluzione anticipata del contratto di leasing avente ad oggetto un bene immobile.
Premesso che l’art.1458 cc fa salva la mancata risoluzione di tutte le prestazioni effettuate ex ante, il problema posto ai Giudici di Palazzaccio è stato quello di capire che a seguito della risoluzione anticipata del contratto di leasing giustificata da un inadempimento contrattuale, implica inevitabilmente la mancata efficacia giuridica del
contratto stesso, con conseguente traslazione della soggettività passiva IMU dall’utilizzatore al concedente- proprietario dell’immobile. E’ proprio questo il ragionamento fatto dagli Ermellini nella sentenza in commento.
- LA SENTENZA N°6664 DEL 09 MARZO 2020 DELLA CORTE DI CASSAZIONE: SOGGETTIVITA’ PASSIVA IMU DEL “CONCEDENTE” IN CASO DI RISOLUZIONE ANTICIPATA DEL CONTRATTO DI LEASING
Rileva segnalare che in caso di sottoscrizione di un contratto di leasing finanziario avente ad oggetto la concessione di un bene immobile (fabbricato) in vigenza del contratto e pertanto per tutta la durata del contratto spetta all’utilizzatore il pagamento delle relative imposte locali (IMU- TASI- TARI) sgravando pertanto il concedente dal pagamento dei tributi comunali.
Nel caso in cui il contratto termina con il riscatto da parte del conduttore (come normalmente accade, posto che la causa del contratto è acquisire l’immobile tramite finanziamento) nulla cambia sotto il profilo IMU – TASI TARI, il conduttore, infatti, continuerà ad essere soggetto passivo dei tributi comunali, semplicemente cambiando la propria qualifica, da utilizzatore- conduttore a proprietario.
Allo stesso modo, non pare porsi alcun dubbio anche nel caso di cessione del contratto, situazione nella quale un nuovo utilizzatore subentra al precedente; conseguentemente, si deve ritenere che la soggettività passiva passi dal precedente utilizzatore al nuovo utilizzatore del bene, a decorrere dal momento in cui il contratto viene ceduto.
La casistica a cui sono riconducibili i problemi posti al vaglio della Cassazione è quella riconducibile ad una eventuale cessazione del contratto ex ante rispetto alla data di scadenza stabilite dai contraenti (per mancato riscatto, ovvero anticipata per inadempimento contrattuale di una delle parti), con conseguente restituzione del bene al concedente che dovrà assumere pertanto la qualifica di soggetto passivo.
Da notare la configurabilità di una asimmetria tra due previsioni in occasione del termine del contratto (quando ovviamente non vi sia il riscatto).
In particolare, in base al tenore letterale delle due disposizioni normative, mentre per l’IMU la soggettività passiva letteralmente parrebbe tornare in capo al concedente al termine del contratto di leasing (l’art.9, comma 1 del D.L. 23/2011 dispone testualmente che “Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto”); diversamente, per quanto riguarda la TASI tale trasferimento avviene solo con la riconsegna del bene ( comma 672, dell’articolo 1 L. 147/2013 dispone che “In caso di locazione finanziaria, la Tasi è dovuta dal locatario a decorrere dalla data della stipulazione e per tutta la durata del contratto; per durata del contratto di locazione finanziaria deve intendersi il periodo intercorrente
dalla data della stipulazione alla data di riconsegna del bene al locatore, comprovata dal verbale di consegna”).
Pertanto, i Comuni impositori ma anche le parti interessate si sono chiesti quale sia effettivamente il momento ossia il diesa a quo in cui la soggettività passiva IMU si trasferisce (l’imposta più significativa delle due) da un soggetto all’altro. La questione è sorta, in particolare, nel caso in cui l’utilizzatore è soggetto a procedure concorsuali nell’ambito delle quali il concedente potrebbe trovarsi a rientrare in possesso del bene anche diverso tempo dopo quello in cui è stata accertata la risoluzione del contratto.
Con riferimento a tale specifica circostanza, in occasione della pronuncia in commento della Corte di Cassazione N°6664 del 09/03/2020 i Giudici di Palazzaccio hanno espressamente affermato che l’IMU deve essere “corrisposta dalla società di leasing a far data dalla data in cui il contratto viene a cessare i propri effetti, indipendentemente dal fatto che essa abbia recuperato o meno la disponibilità del bene”.
Dopo aver osservato che le norme sono formulate in maniera diversa e nulla giustifica l’estensione della disciplina TASI all’IMU viene osservato che l’IMU è indubbiamente un’ imposta di natura prettamente patrimoniale fondata sul possesso (in senso stretto quale titolarità del diritto reale, ovvero in forza di un presupposto indicato dal legislatore quale il contratto di leasing vigente) diversamente dalla TASI che è imposta finalizzata alla copertura dei servizi resi dal comune, il che giustificherebbe la debenza del tributo nel limite della disponibilità del bene.