Chiarita dalle Sezioni Unite la competenza tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in caso di opposizione ad atti esecutivi
Corte di Cassazione- SEZIONI UNITE, Sentenza N°7822 del 14/04/2020
PREMESSA:
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione in concomitanza della Sentenza N°7822 del 14 aprile 2020 attraverso una serie di principi di diritto di carattere generale hanno fatto chiarezza in ordine alla individuazione della giurisdizione competente (tributaria o ordinaria) in caso di domande plurime legate tra loro da un nesso di subordinazione; in particolare, in caso di notifica di atti esecutivi in senso stretto notificati in fase di esecuzione forzata ex art.49 e ss del DPR n°602/1973 (pignoramento presso terzi) che trovano la loro legittimità nella preesistente notifica di atti presupposti (avvisi di accertamento o cartelle di pagamento). In altre parole, gli Ermellini in concomitanza della pronuncia in commento hanno focalizzato in punto di diritto alcuni principi cardine in considerazione dei quali deve essere individuata la giurisdizione competente in caso di notifica di atti esecutivi. E’ questa una questione su cui gli Ermellini si sono più volte cimentati assumendo negli anni orientamenti anche difformi, pur trattandosi della stessa tipologia di atti. Del resto, non è un caso che l’individuazione della competenza per materia del giudice tributario o in alternativa di quello ordinario, in materia di esecuzione, è regolata da un complesso quadro normativo che ha subìto delle recenti modifiche ad opera della stessa Corte Costituzionale (Corte Cost. Sen. N°114/2018).
1.Il caso
La casistica di cui si sono occupate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione rinviene, nel caso di specie, dalla preventiva notifica di un pignoramento presso terzi notificato dall’AdeR (già Equitalia SPA) ai sensi dell’art.72 bis del Dpr n°602/1973. Il debitore pignorato a seguito della sopravvenuta notifica del pignoramento presso terzi (notificato ex ante anche al terzo pignorato) ha formalizzato rituale opposizione previa presentazione di ricorso al giudice tributario territorialmente competente. Nel caso di specie, il pignoramento presso terzi era riconducibile alla notifica preventiva di due cartelle di pagamento aventi ad oggetto una debenza tributaria; titoli esecutivi regolarmente notificati divenuti definitive a seguito di mancata opposizione delle stesse da parte del soggetto destinatario. Si costituiva in giudizio l’AdeR sollevando, in sede di controdeduzioni, il difetto di giurisdizione della CTP adita trattandosi nel caso di specie di un atto esecutivo in senso stretto, in quanto tale, inquadrabile in sede di esecuzione forzata, pertanto, non riconducibile nella sfera della giurisdizione tributaria, ai sensi dell’art.2, comma 1 del D.lgs.n°546/1992. E’ questa la vicenda processuale che ha permesso ai giudici di Palazzaccio a Sezioni Unite di palesare alcuni principi cardine fondamentali in considerazione dei quali deve essere individuata la giurisdizione competente nel caso specifico in cui l’ opposizione ha ad oggetto un atto esecutivo inquadrabile nella procedura di riscossione coattiva ed in particolare nella fase dell’esecuzione forzata in senso stretto ex art.49 del DPR n°602/1973.
In particolare, nel caso di specie, trattandosi di un’opposizione mossa avverso un pignoramento presso terzi emesso dall’AdeR ai sensi dell’art.72 bis del DPR n°602/1973 preceduto, quest’ultimo, dalla regolare notifica di due cartelle di pagamento erariali mai contestate dal contribuente, gli Ermellini hanno ritenuto configurabile la competenza del giurisdizione ordinaria in persona del giudice dell’esecuzione (anzichè della giurisdizione tributaria) trattandosi nel caso di specie di atti esecutivi opponibili unicamente per vizi propri e non certo per questioni di merito riconducibili alla pretesa impositiva. Quindi, una opposizione all’esecuzione mossa dall’AdeR ex artr.49 e ss del più volte richiamato DPR n°602/1973.
- I principi normativi disposti dal D.lgs.n°546/1992: gli artt2 e 19 del D.lgs.n°546/1992:
Prima di focalizzare i principi di diritto espressi in sede di legittimità dagli Ermellini in concomitanza della pronuncia in commento, ad avviso di chi scrive, è certamente rilevante fare chiarezza su quello che è il quadro normativo riconducibile al D.lgs.n°546/1992 che disciplina in processo davanti alle Commissioni tributarie.
In particolare, in primis per quanto riguarda l’individuazione della sfera d’azione in cui opera la giurisdizione tributaria non è possibile prescindere dalla disposizione normativa di cui all’art.2 del D.lgs.n°546/1992 in cui è fatta chiarezza espressa in ordine alla “tipologia” di atti opponibile davanti al giudice tributario. Si tratta di una previsione normativa che ha subito diverse modifiche negli anni tutte finalizzate ad ampliare sempre di più la sfera d’azione dei giudici tributari, fino ad arrivare all’ultima modifica in ordine di tempo risalente al 2016 disposta con il D.lgs. n°156/2015.
In particolare, il richiamato l’art.2, comma 1 del D.lgs.n°546/1992 dispone testualmente:“Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica”. Il successivo comma 2 dello stesso articolo dispone: “Appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale. Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni.
Dalla lettura testuale della norma sopra richiamata per quanto il legislatore con le ultime modifiche abbia cercato di ampliare il più possibile la sfera di competenza dei giudici tributari, tuttavia, l’art.2, comma 1 del ridetto D.lgs.n°546/1992 preclude espressamente alla giurisdizione tributaria il vaglio in ordine a qualsiasi controversia avente ad oggetto atti dell’esecuzione forzata notificati dall’AdeR ex post rispetto alla cartella di pagamento (o all’ingiunzione fiscale ex R.D. 639/1910 in caso di riscossione diretta).
In altre parole, il dettato normativo di cui sopra (art.2, comma 1 del D.lgs.n°546/1992) esclude expressis verbis qualsiasi opposizione davanti al giudice tributario che abbia ad oggetto atti esecutivi; ossia, atti notificati dall’AdeR una volta decorso, ex art.50 del DPR n°602/1973, il termine di sessanta giorni decorrenti dalla notifica del titolo esecutivo (cartella di pagamento). Infatti, proprio il decorso del termine di cui all’art.50 del DPR n°602/1973 (sessanta giorni decorrenti dalla notifica della cartella di pagamento) da inizio alla procedura di riscossione forzata disposta dall’art.49 dello stesso DPR n°602/1973.
Ne deriva, in subordine che, l’opposizione a tutti gli atti esecutivi (pignoramenti presso terzi ex art.72 bis del DPR n°602/1973, pignoramenti immobiliari, pignoramenti mobiliari) notificati ai sensi dell’art.49 e ss del DPR n°602/1973 devono necessariamente essere opposti davanti alla giudice ordinario ed in particolare davanti al giudice dell’esecuzione, trattandosi di atti esecutivi notificati al contribuente- debitore tutti finalizzati ad assicurare all’ente impositore il soddisfo del credito per cui si procede.
Volendo riassumere quanto si evince dal quadro normativo sopra richiamato possiamo sostenere, senza alcun dubbio, che ai sensi del più volte richiamato art. 2, comma 1 del D.lgs.n°546/1992 rientrano nella sfera della giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto “tributi di ogni genere e specie comunque denominati” compresa la cartella di pagamento o in alternativa l’ingiunzione fiscale emessa ai sensi del vecchio R.D n°639/1910 con le quali ha inizio la procedura di riscossione coattiva in senso stretto.
Tutti gli atti notificati dall’AdeR ex post rispetto alla cartella di pagamento inquadrabili in fase di esecuzione forzata devono essere notificati necessariamente davanti al giudice ordinario in persona del giudice dell’esecuzione territorialmente competente ai sensi dell’art.57 del DPR n°602/1973; ciò, anche nel caso in cui l’atto esecutivo (il pignoramento presso terzi come nel caso di specie) è riconducibile ad un credito di natura tributaria. In altre parole, la giurisdizione ordinaria sussiste anche nel caso in cui l’atto esecutivo notificato in fase di esecuzione forzata ha ad oggetto il soddisfo di un credito di natura tributaria poiché in questo caso è la “tipologia” dell’atto (esecutivo) che subordina la scelta della giurisdizione competente e non la natura della debenza per cui si procede in sede di esecuzione forzata.
Tuttavia, possiamo sostenere che l’unica deroga a tale principio normativo generale si concretizza nel caso in cui l’impugnazione dell’atto esecutivo notificato dall’AdeR oltre ad essere impugnato per vizi propri dell’atto stesso quindi, per visi formali ove ce ne fossero, in concomitanza viene altresì opposto per la mancata notifica dell’atto presupposto (cartella di pagamento o Ingiunzione fiscale), ossia del titolo esecutivo.
In altre parole, in tal caso, la legittimità dell’atto esecutivo ma direi della tessa procedura esecutiva è messa in discussione dalla mancata notifica dell’atto presupposto, prodromico rispetto all’atto esecutivo stesso mai ricevuto dal contribuente. In questo caso specifico, l’art.19, comma 3 del D.lgs. n°546/1992 fa salva la possibilità di impugnazione dell’atto esecutivo “unitamente” al quale è possibile contestare anche l’atto presupposto mai notificato al contribuente.In particolare, la previsione normativa di cui al richiamato art.19, comma 3 dispone testualmente: “gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione degli atti autonomamente impugnabili adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo.”.
In altre parole, la norma in commento prevede la possibilità di impugnazione dell’atto esecutivo unitamente al quale è possibile, come già segnalato, contestare anche la legittimità del titolo esecutivo (cartella di pagamento o Ingiunzione fiscale) mai notificato al contribuente. Tale assunto, implica inevitabilmente una duplice conseguenza:
-a) il ricorrente nel proprio atto difensivo potrà contestare quali motivi di doglianza non solo vizi propri dell’atto ma anche questioni di merito riconducibili direttamente al titolo esecutivo ( poiché mai notificato);
-b) nel caso in cui la debenza per cui si procede è di natura tributaria il titolo esecutivo, eccezionalmente, potrà essere impugnato davanti al giudice tributario (anziché davanti al giudice ordinario in persona del giudice dell’esecuzione). Tale assunto trova la sua legittimità nel fatto che in questa casistica specifica i motivi di doglianza mossi dal ricorrente potranno eccezionalmente riguardare anche il merito della pretesa erariale e non solo i vizi di forma dell’atto opposto.
3.I principi espressi dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella Sentenza N°7822 del 14/04/2020
La questione si cui si sono cimentati i giudici di Legittimità a Sezioni Unite ha fatto discutere e scrive non poco anche e soprattutto nella casistica delle opposizioni avverso atti esecutivi notificati in fase di esecuzione forzata ex art. 49 e ss del DPR n°602/1973 trattandosi di atti essenzialmente finalizzati al soddisfo di crediti per cui si procede (tributario- previdenziale- patrimoniale).
In particolare, gli Ermellini nella pronuncia a Sezioni Unite hanno evidenziato alcuni principi generali che potremmo definire, più che altro, delle linee guida da tenere presente in ordine alla scelta della giurisdizione competente ed in particolare, nel caso specifico in cui l’ opposizione riguarda atti esecutivi notificati in pendenza di riscossione forzata. In particolare, uno dei principi generali desumibili dalla posizione assunta dai giudici di cassazione è che scelta della giurisdizione è strettamente collegata alla “tipologia” di domanda proposta al giudice adito.
Che significa tutto questo? La natura dell’atto impugnato deciderà la giurisdizione da adire. Questo è il principio generale da applicare sempre, salvo casistiche particolari che possono legittimare l’applicazione del già richiamato art.19, comma 3 del D.gs.n°546/1992.
Per cui,i giudici di Palazzaccio hanno precisato che spetta alla giurisdizione tributaria la cognizione di questione essenzialmente riconducibili a fatti e circostanze che incidono direttamente sulla pretesa impositiva azionata dall’ente impositore o dall’AdeR se trattasi di cartelle di pagamento; pertanto, si deve trattare di questioni rilevanti sul piano normativo facendo rientrare tra la tipologia di atti impugnabili davanti ai giudici tributari quelli che riguardano principalmente la legittimità della pretesa impositiva azionata; vale a dire, tutti gli atti notificati e notificabili fino alla cartella di pagamento o intimazione di pagamento comprese notificate al contribuente nei termini di legge e secondo le modalità previste dalla normativa di riferimento.
Tale principio generale espresso dagli Ermellini in favore della giurisdizione tributaria è applicabile sia se si tratta di fatti inerenti ai profili di forma sia a quelli di contenuto dell’atto opposto attraverso il quale l’A.F. ha manifestato la sua pretesa impositiva; sia se si tratta anche di fatti e circostanze strettamente inerenti all’esistenza o al modo stesso in cui è stata espressa o meglio manifestata la pretesa impositiva intesa in senso sostanziale; vale a dire, riconducibile a fatti costitutivi, modificativi o impeditivi della stessa pretesa erariale.
Diversamente, secondo i giudici di Palazzaccio deve essere fatta rientrare nella competenza della giurisdizione ordinaria la cognizione di questioni strettamente riferite “alla forma” nonché alla “legittimità formale” dell’atto (esecutivo) che si intende opporre allorquando lo stesso è stato preceduto dalla regolare notifica dell’atto presupposto o prodromico rispetto all’esecuzione forzata stessa effettuata dall’AdeR.
Secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte spetta altresì al giudice ordinario la cognizione dei fatti incidenti sulla pretesa tributaria sostanziale in executivis successivi rispetto alla regolare notifica della cartella di pagamento, dell’intimazione di pagamento ma anche dell’ingiunzione fiscale ex R.D 639/1910.
- Conclusioni
In altre parole, come è possibile evincere dalla lettura testuale del più volte richiamato art.2, comma 1 del D.lgs.n°546/1992, sia pure in modo indiretto, restano esclusi dalla giurisdizione tributaria e, quindi rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario – giudice dell’esecuzione, gli atti esecutivi notificati ex post rispetto alla cartella di pagamento. Vale a dire, tutti gli atti esecutivi strictu sensu notificati ex art.49 e ss del DPR n°602/1973 in fase di riscossione forzata rientrano nella giurisdizione ordinaria; e, pertanto opponibili solo davanti al giudice dell’esecuzione potendo il ricorrente addurre tra i motivi di doglianza unicamente vizi che riguardano l’atto esecutivo in quanto tale nonché la stessa esecuzione forzata.
Trattandosi evidentemente di atti (esecutivi) notificati in una fase avanzatissima della riscossione coattiva, qualsiasi doglianza relativa alla questione di merito ( cioè alla pretesa tributaria intesa in senso sostanziale) è da considerare preclusa.
E’ proprio questa la circostanza configurabile nel caso di specie posta al vaglio delle Sezioni Unite della Corte. Gli Ermellini in considerazione delle motivazioni mosse dal ricorrente in sede di legittimità ex art. 360 e ss cpc hanno ritenuto fondata la violazione nonché falsa applicazione di una norma di legge; nello specifico dell’art.2, comma 1 del D.lgs.n°546/1992. Ne è derivato che gli stessi hanno optato per la giurisdizione ordinaria in quanto nel caso de qua l’opposizione formalizzata dal ricorrente nel giudizio di prime cure, come già segnalato in premessa, ha riguardato un pignoramento presso terzi emesso dall’AdeR ex art.72 bis del DPR n°602/1973 regolarmente preceduto da ben due cartelle esattoriali aventi ad oggetto il pagamento di una debenza tributaria divenuta definitiva per mancata opposizione alle cartelle esattoriali .
In considerazione della definitività degli atti presupposti (cartelle di pagamento) l’opposizione all’esecuzione o meglio all’atto esecutivo (pignoramento presso terzi) secondo le Sezioni Unite della Corte, non poteva che rientrare nella cognizione del giudice dell’esecuzione.