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Il mancato maneggio di denaro pubblico non qualifica l’attività come strumentale e di supporto rispetto all’attività di accertamento e riscossione

E’ quanto hanno disposto i Giudici Amministrativi campani di primo grado (TAR Campania) in concomitanza  della Sentenza N°1693 del 08 maggio 2020. In particolare, il TAR Campania  ha disposto  la necessaria iscrizione all’Albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei Comuni, di cui all’art.53 comma 1 del D.lgs.n°446/1992, per l’affidamento dei servizi di riscossione e accertamento dei tributi degli enti locali.

In particolare, per i Giudici di Palazzo Madama, la nozione di riscossione  in senso stretto non richiede più    la circostanza che l’appaltatore del servizio di riscossione e accertamento dei tributi degli enti locali riceva  l’effettivo introito delle somme dovute all’ente impositore;ne deriva che, tale circostanza non è più elemento discriminante  al fine di stabilire se via sia o meno un affidamento di servizi di “supporto di gestione” o un affidamento in concessione di accertamento e riscossione, dovendosi invece dare rilevanza ad altri valori  comunque, distintivi dell’attività stessa. In altre parole, il TAR Campania, in deroga all’orientamento palesato da  ampia  giurisprudenza amministrativa ( TAR Lazio, sez.II, 10 maggio 2016, n°5470; Cons. Stato, sez.V 20 aprile 2015, n°1999; id.24 marzo 2014, n°1421) ha sfatato, se vogliamo, la regola riconducibile alla   necessaria interazione del binomio maneggio di denaro – affidamento in concessione; o meglio, se lo si vuole vedere in senso inverso, mancato maneggio di denaro pubblico- attività di supporto  e meramente strumentale all’attività di accertamento e riscossione spettante all’ente impositore secondo i tempi e le modalità previste dalla normativa che disciplina il tributo. Pertanto, è possibile che la società iscritta all’albo di cui al richiamato art.53 del D.lgs.n°546/1992 possa concretizzare un’attività di accertamento e riscossione in senso stretto (e non propedeutica e di supporto) anche senza la gestione diretta dei flussi di cassa provenienti dai versamenti effettuati dai contribuenti. Del resto, la stessa riforma disposta dalla Legge di Bilancio 2020  ha previsto  con vigenza dal 1°gennaio 2020 l’istituzione di una apposita Sezione speciale nell’albo dei concessionari della riscossione a cui dovranno obbligatoriamente iscriversi  tutti i soggetti che intendono svolgere funzioni e attività   di mero supporto ossia, propedeutiche e strumentali rispetto all’attività di accertamento e riscossione delle entrate comunali. Pertanto, l’orientamento ultimo assunto dai Giudici amministrativi campani è in linea con le modifiche ultime  disposte dalla  stessa Legge di bilancio 2020.


 

-Il caso:

La vicenda processuale posta al vaglio dei Giudici amministrativi campani rinviene nel caso di specie dalla impugnazione di un “provvedimento di esclusione” disposto in concomitanza di una gara di appalto avente ad oggetto ”l’affidamento del servizio in supporto all’attività di  riscossione ordinaria oltre che coattiva per  IMU- TARI- TASI nonché la preventiva attività di accertamento prevista per gli stessi tributi oltre che dei tributi minori (TOSAP)”. Nel caso di specie, il Comune affidatario legittimava il provvedimento di esclusione in considerazione del mancato requisito dell’iscrizione all’Albo di cui all’art.53 del D.lgs.n°546/1992 in capo alla società ricorrente. In particolare, il Comune appaltante riteneva necessario segnalare la mancanza del requisito al Casellario Informatico dell’ANAC per dichiarazione non veritiera rispetto alla previsione di cui al paragrafo VI.2) del bando di gara in cui, tra i requisiti richiesti a pena di esclusione, vi era anche quello dell’iscrizione all’Albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni ex art.53 del D.lgs.n°446/1997. Analoga previsione era disposta nell’art.5.1.2 del Capitolato Speciale d’Oneri.

Con riferimento al caso di specie, volendo ricostruire brevemente l’excursus societario che ha portato all’attivazione del ricorso amministrativo,  la A&G RISCOSSIONI società ricorrente  nel giudizio amministrativo definito con la pronuncia in commento è subentrata nella titolarità del complesso aziendale già di proprietà della società A&G SRL. A seguito del subentro l’A&G RISCOSSIONI  SPA ha acquisito con il complesso aziendale, tutte le dotazioni materiali, immateriali, e di risorse umane nonché i requisiti di idoneità professionale, capacità economica e finanziaria oltre che  la capacità tecnica già preesistenti  in capo alla società conferente che  tra le tante cose, vantava al momento del subentro, l’ iscrizione all’albo di cui all’art.53 del più volte richiamato  D.lgs.n°446/1997.

In considerazione di ciò, si trattava solo di provvedere alla cancellazione dell’iscrizione riconducibile alla A&G SRL società conferente, facendola confluire attraverso una nuova iscrizione, alla A&G RISCOSSIONI in società conferitaria. A tal fine, la A&G SRL inoltrava al MEF formale istanza di cancellazione dall’Albo evidenziando nella circostanza che la SRL era conferita nella  A&G RISCOSSIONI SPA; per cui, non aveva più alcuna ratio mantenere l’iscrizione all’albo, evidenziando, altresì, che la cancellazione della società conferente dall’albo, implicava de plano l’iscrizione allo stesso Albo di cui all’art.53 del D.lgs.n°446/1997  della A&G RISCOSSIONE SPA in qualità di società conferitaria subentrante, avendo, quest’ultima, acquisito tutte  le dotazioni materiali, immateriali, economiche e finanziarie della prima, come già segnalato.

Per cui, era evidente la configurabilità in capo alla stessa di tutti i requisiti necessari per ottenere l’iscrizione all’Albo dei concessionari, sia pure con un nuovo numero di iscrizione.

A seguito della seduta tenutasi il 26 giugno 2019, la Commissione dell’Albo negava l’iscrizione  de plano alla SPA  conferitaria, accogliendo  però parallelamente l’istanza di cancellazione della SRL.

Per cui, la SRL veniva cancellata dall’Albo ma, allo stesso tempo, non veniva formalizzata la nuova  iscrizione in favore della SPA subentrata alla prima.

Tanto premesso, la A&G RISCOSSIONI SPA adiva i Giudici Amministrativi per ivi tutelare gli interessi ritenuti lesi in sede di gara dove era stata formalizzato il provvedimento di esclusione della A&G RISCOSSIONI SPA poiché priva del requisito dell’iscrizione all’albo di cui all’art.53 del D.lgs.N°446/1997derogando  espressamente alle  disposizioni previste nel Bando di gara sopra richiamato.

 

 

– Il principio innovativo  espresso dal TAR CAMPANIA nella Sentenza N°1693 del 08/05/2020

La questione  specifica posta al vaglio dei giudici amministrativi campani, nella casistica che ci occupa, consta nello stabilire se l’appalto di servizio a supporto della riscossione ordinaria IMU- TARI- TASI nonché dell’attività di accertamento e riscossione  sia volontaria che coattiva  IMU- TIA- TARES_ TARI indetta dal Comune impositore nel bando di gara di riferimento, possa essere qualificato come una “mera prestazione di servizi” a supporto dell’ente impositore nello svolgimento sistematico dell’attività di accertamento e riscossione dei tributi comunali; e, pertanto, possa configurare un mero appalto di servizio richiedente una serie di attività propedeutiche a supporto del comune; o, se, diversamente, possa trattarsi di un “affidamento in concessione” finalizzato all’espletamento dell’attività di accertamento e riscossione in sostituzione del comune impositore.

In altre parole, se si tratta di una vera traslatio avente ad oggetto la potestà impositiva dell’ente locale in favore della società aggiudicataria con tutto quello che ne consegue.

In particolare, in caso di mera attività di supporto (e non di affidamento in concessione) propedeutica e strumentale rispetto all’attività di accertamento e riscossione, non necessita quale conditio sine qua non l’iscrizione all’Albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e delle entrate delle province e dei comuni  di cui all’art.53, comma 1 del D.lgs.n°446/1997. Ne deriva che, la previsione espressa di tale iscrizione nel bando di gara sarebbe, come sostenuto dal comune affidatario, da ritenersi illegittima. Infatti, è  questa la tesi sostenuta dall’ente resistente il quale segnalava, peraltro, che l’appalto in oggetto non prevedeva nel Capitolato d’Oneri  ne anche il maneggio di denaro pubblico, essendo i conti correnti di riferimento su quali  confluivano i versamenti dei  contribuenti direttamente intestati al comune impositore.

Con riferimento a tale specifico assunto, il comune richiamava la giurisprudenza del Consiglio di Stato in occasione della quale i giudici amministrativi di secondo grado hanno precisato che la mancanza di maneggio di denaro pubblico, non solo non implica l’obbligo di iscrizione all’albo di cui all’art.53 del più volte richiamato art.53 del D.lgs.n°446/1997; ma, addirittura la sua espressa previsione nel bando di gara risulterebbe illegittima poiché irragionevole e sproporzionata. L’ente impositore ha evidenziato altresì  sub judice che nel caso di specie il Capitolato d’Oneri prevedeva unicamente adempimenti strumentali e, pertanto, prodromici rispetto alla rituale attività di riscossione, finalizzata unicamente  al recupero del credito tributario in favore dell’ente impositore previo utilizzo di conti correnti dedicati intestati direttamente alla tesoreria del Comune procedente. Pertanto, mancando il requisito del maneggio di pubblico denaro, l’attività oggetto della gara dovrebbe qualificarsi come mera attività di supporto alla gestione dei servizi di accertamento e riscossione.

Tuttavia, non è questo l’orientamento assunto dal TAR Campania nella pronuncia in commento; le ragioni che hanno portato i giudici amministrativi campani a propendere per “l’affidamento in concessione” sono  molteplici e di indubbio rilievo, anche in considerazione del fatto che legittimano un orientamento giurisprudenziale difforme rispetto alla posizione giurisprudenziale assunta da molti giudici amministrativi sulla questione in esame.

Intanto va segnalato che a differenza di quanto previsto per le entrate statali che hanno quale unico  concessionario l’Agenzia delle entrate riscossione, gli enti locali, ai sensi dell’art.52 del D.lgs.n°446/1997 hanno piena autonomia in materia di gestione delle proprie entrate potendo  effettuare l’accertamento dei tributi di spettanza anche nelle forme associate previo affidamento a soggetti terzi congiuntamente o disgiuntamente alla riscossione. In tal caso, gli affidamenti devono essere effettuati nel rispetto della normativa dell’Unione europea nonché delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, ai soggetti iscritti all’albo di cui all’art.53 del D.lgs.n°446/1997, oppure a società in house a totale capitale pubblico, mediante convenzione oppure a società a capitale misto pubblico- privato iscritte all’albo di cui all’art.53, con procedura ad evidenza pubblica.

Con riferimento alla casistica che ci occupa, rileva preliminarmente focalizzare la differenza sostanziale  che secondo la giurisprudenza di cassazione sussiste tra il cosiddetto “affidamento delle attività di riscossione in senso stretto”  delle entrate tributarie ed extra tributarie riconducibili agli enti locali  e “l’affidamento delle  attività di supporto alla gestione, accertamento e riscossione delle ridette entrate comunali. Tale distinzione, si concretizza in considerazione del  fatto che, mentre nell’affidamento di meri servizi di supporto nonchè strumentali non viene in rilievo l’attribuzione di funzioni pubbliche restando in capo all’ente locale la responsabilità per tutte le attività di accertamento e riscossione in persona del funzionario responsabile dei tributi o del tributo comunale. In altre parole, l’affidamento avente ad oggetto la mera attività propedeutica e di supporto più che altro cartolare all’attività di accertamento e riscossione non implica la traslatio del potere impositivo dall’ente locale alla società iscritta all’albo  aggiudicataria dell’appalto. Circostanza, quest’ultima,  che ,diversamente , si concretizza nel momento in cui l’appalto ha ad oggetto l’affidamento inteso in senso stretto dell’attività di accertamento e/o riscossione dei tributi di spettanza locale, implicando ciò l’affidamento di un servizio pubblico che inevitabilmente concretizza la traslazione di responsabilità dall’ente impositore in qualità di soggetto attivo d’imposta e la società aggiudicataria del servizio stesso.

Fatta questa doverosa precisazione  tra affidamento in senso stretto e attività propedeutiche e strumentali  con riferimento alla casistica  specifica posta al vaglio dei Giudici amministrativi di primo grado, gli stessi hanno comunque ritenuto configurabile, nel caso de quo, un affidamento inteso in senso stretto e non una  mera attività di supporto quella oggetto dell’affidamento in considerazione del fatto che il Capitolato d’Oneri, pur escludendo il maneggio di denaro da parte dell’agente della riscossione, prevedeva tuttavia adempimenti rilevanti e imprescindibili nella gestione dei tributi riconducibili alla  procedura di riscossione forzata: la rendicontazione degli incassi, la gestione del contenzioso, la postalizzazione dei provvedimenti connessi alla notifica degli atti esecutivi, la notifica delle ingiunzioni di pagamento ex R.d n.639/1910 nonché  tutta la gestione della procedura di riscossione forzata successiva alla notifica dell’ingiunzione stessa; tutto ciò, in sostituzione dell’ente impositore.

Dunque, secondo i Giudici amministrativi campani dalla disamina dei compiti specifici oggetto del Capitolato emerge chiaramente l’affidamento di attività peculiari caratterizzate dall’esercizio di funzioni pubbliche svolte in piena autonomia dall’agente della riscossione rispetto all’ente impositore affidatario il quale si è limitato a fare solo i necessari controlli sull’attività svolta dall’appaltatore.

 

 

– Considerazioni conclusive:

Ad avviso di chi scrive,  l’Ordinanza  n°1693 del 08/05/2020 in commento depositata dal TAR Campania è sicuramente degna di nota in considerazione dell’orientamento difforme assunto dal giudicante sulla  specifica questione in esame rispetto alla giurisprudenza amministrativa prevalente.

Volendo sintetizzare la massima riconducibile al giudicato: per  il TAR Campania il mancato maneggio di denaro pubblico (del comune) da parte dell’agente della riscossione non è una condizione sufficiente a pregiudicare la configurabilità di un affidamento inteso quale servizio pubblico che, in quanto tale, richiede l’iscrizione all’albo dei riscossori di cui all’art.53 del D.lgs.446/1997.

Ma, analizziamo più da vicino le ragioni che  hanno giustificato la posizione assunta dei Giudici partenopei di primo grado.

In dettaglio, la circostanza che i versamenti dei contribuenti debbano essere necessariamente effettuati su conti correnti intestati al comune impositore  e non alla società affidataria del servizio, non è una circostanza dirimente sufficiente a potere escludere la natura concessoria del rapporto. Infatti, il maneggio di denaro pubblico per quanto sia una circostanza rilevante in sede di affidamento, tuttavia, non può essere considerato una conditio imprescindibile per la configurabilità di  un affidamento inteso necessariamente quale  servizio pubblico, essendoci altre condizioni altrettanto rilevanti  che possono al pari  assicurarne la configurabilità.

Nella casistica posta al vaglio dei giudici amministrativi  di primo grado, la società che si è aggiudicata l’appalto ha in concreto realizzato “in sostituzione del comune affidatario” tutta l’attività di accertamento nonché l’intera procedura di riscossione coattiva, partendo dalla preventiva notifica degli avvisi di accertamento, proseguendo con la notifica delle ingiunzioni fiscali  ex R.D. n°639/1910 quale titolo esecutivo, finendo con la notificazione degli atti esecutivi in senso stretto; ossia, pignoramenti mobiliari, immobiliari e presso terzi, facendo salva la possibilità di notificare in parallelo anche i provvedimenti cautelari necessari, al fine di assicurare all’ente l’esigibilità del credito tributario o patrimoniale oggetto della pretesa creditoria. Pertanto, secondo il giudicante l’appaltatore al di là del maneggio del denaro, ha realizzato nel caso di specie in concreto tutte le fasi che caratterizzano l’attività di accertamento e riscossione coattiva delle entrate tributarie ed extra tributarie riconducibili all’ente impositore che in quanto tali concretizzano l’affidamento di un servizio pubblico necessitando ciò l’iscrizione all’albo di cui all’art.53 del D.lgs.n°446/1997; pur essendo i bollettini di conto corrente intestati direttamente al comune affidatario dell’appalto.

A parere di chi scrive, può dirsi condivisibile l’orientamento assunto dai Giudici amministrativi campani  nell’Ordinanza in commento.

Intanto, rileva segnalare che l’evoluzione normativa ha portato sempre di più a limitare il materiale introito del denaro da parte dei concessionari della riscossione, favorendo i versamenti diretti nelle casse comunali. Infatti, per quanto riguarda la riscossione spontanea, l’art.2 bis del D.L.n°193/2016 al fine di tutelare  gli enti locali affidatari dal pericolo di distrazione di somme da parte di soggetti privati ha previsto dal 1°ottobre 2017 il versamento spontaneo delle entrate tributarie dei Comuni e degli altri enti locali deve essere effettuato direttamente sul conto corrente di tesoreria dell’ente impositore; oppure, mediante il sistema dei versamenti unitari di cui all’art.17 del D.lgs.n°241/1997; oppure, attraverso gli strumenti di pagamento elettronici messi a disposizione degli enti locali.

Da ultimo, anche le modifiche disposte dall’art.1, comma 788 della  Legge di Bilancio 2020 integrando  il più volte richiamato art.53 del D.lgs.n°446/1997 ha disposto espressamente l’obbligo da parte dei concessionari delle riscossione di fare confluire necessariamente tutte le somme a qualsiasi titolo riscosse direttamente alla tesoreria dell’ente locale affidatario. Per cui, anche per la riscossione coattiva come era già previsto per la riscossione volontaria i versamenti devono essere fatti confluire direttamente nella casse del comune o dell’ente locale. Infatti, dal 1°gennaio 2020 è fatto  espresso divieto per  tutti i concessionari privati di maneggiare denaro pubblico e riscuotere le entrate degli enti territoriali, non solo quelli derivanti da versamenti in autoliquidazione, ma anche  quelli recuperati a seguito di attività mirate quali  ad esempio le attività di accertamento e riscossione coattiva. L’obbligo sopravvenuto come disposto dalla Legge di Bilancio riguarda anche gli affidamenti in corso alla data di entrata in vigore del precetto; per cui, i contratti i itinere dovranno necessariamente essere adeguati alla nuova previsione normativa entro il 31/12/2020.

Al di là delle novità normative sopravvenute che sembrano giustificare, come già segnalato, l’orientamento palesato dal TAR Campania ciò che rileva nella pronuncia in esame e, che sostanzialmente deroga la posizione assunta da ampia giurisprudenza amministrativa sul punto è che sono molteplici le condizioni necessarie che concretizzano un affidamento avente ad oggetto un servizio pubblico, differenziandolo pertanto, dalla mera attività di supporto e/o propedeutica- strumentale all’attività di accertamento e /o riscossione  di cui all’art.52 del D.lgs.n°446/1997. Il maneggio di denaro da parte del concessionario del resto non più consentito dalla normativa vigente, non è l’unica conditio che concretizza un affidamento in senso stretto implicando ciò la necessaria  iscrizione all’albo dei concessionario di cui al più volte richiamato art.53 del D.lgs. N°446/1997.