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Nulla la sentenza di appello che evidenzia il contrasto tra motivazione e dispositivo

E’ nullo il giudicato di seconde cure depositato dalla Commissione Tributaria Regionale da cui è possibile evincere un evidente “contrasto” tra la motivazione che ha giustificato “il decisum” ed il dispositivo finale. E’ quanto ha disposto la Corte di Cassazione – Sezione Tributaria in concomitanza della Sentenza n°37849 del 01 dicembre 2021.Si tratta di un vizio classico del provvedimento decisorio riconducibile all’evidente contrasto per tabulas tra motivazione e dispositivo; entrambi, elementi imprescindibili della sentenza ex art.36 del D.lgs.n°546/1992. La giurisprudenza sul punto si è  espressa in modo abbastanza uniforme, affermando il principio secondo cui il contrasto implica la nullità della sentenza nel momento in cui il provvedimento risulta inidoneo al fine di consentire l’individuazione dell’effettivo comando giudiziale disposto dal giudicante e, conseguentemente del diritto  o del bene riconosciuto in sentenza.  Diversamente, non implica la nullità del giudicato il caso in cui  il contenuto del dispositivo di accoglimento parziale dell’appello risulta inequivoco e, pertanto, coerente con la parte motiva della sentenza; in tal caso,  il contrasto non può dirsi tale da determinare la nullità insanabile della sentenza. In questa circostanza, si potrà parlare di errore materiale emendabile con la procedura prevista dall’art.287 cpc applicabile anche nel procedimento davanti alla Commissione tributaria .


Il caso.

Il contribuente esercente attività di ristorazione e pizzeria, impugnava un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2009 redatto nel caso di specie con metodo analitico-induttivo ex art. 39, primo comma, lett. d) d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 attraverso il quale veniva recuperata dall’ufficio impositore la maggiore IRPEF, IRAP e IVA a seguito di verifica. Nel caso di specie, il contribuente contestava, in via preliminare, il difetto di motivazione dell’atto opposto, nel merito, l’erroneità dell’accertamento, ritenendo che il reddito dichiarato fosse assolutamente coerente rispetto agli indici degli studi di settore. La CTP di Bari accoglieva parzialmente il ricorso introduttivo riducendo la maggiore imposta accertate dall’ufficio in misura forfetaria e rideterminando così il reddito imponibile ai fini IRPEF e ai fini IVA. Facendo seguito all’appello proposto dal contribuente, la CTR Puglia, in sede dei gravame, rigettava l’appello principale del contribuente accogliendo l’appello incidentale dell’Ufficio impositore.In particolare,il giudice tributario di secondo grado riteneva sufficientemente motivato l’atto impositivo  opposto supportato nel caso de quo da una motivazione per relationem  previo richiamo espresso al  PVC notificato  al contribuente dai verificatori. Nel merito, il giudice di appello  riteneva ammissibile un avviso di accertamento  redatto con metodo induttivo, anche in caso di coerenza del reddito dichiarato con gli studi di settore, essendo questi ultimi  solo uno degli strumenti di controllo posti a disposizione dell’Amministrazione finanziaria, ma, non l’unico, potendo la ricostruzione del reddito essere ricondotta ad altri parametri a disposizione dell’ufficio. Proponeva nei termini di legge ricorso per cassazione il contribuente supportato nel caso di specie  da quattro motivi di doglianza ex art.360 e ss cpc. In particolare, con il primo motivo di ricorso  il ricorrente deduceva, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.,  la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 36, comma 2, n. 4 (d. lgs.) 31 dicembre 1992, n. 546, nonché degli artt. 132, secondo comma, n. 4 e 156 cod. proc. civ., nullità della sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione. In particolare, osservava il ricorrente di avere denunciato, in sede di gravame, come il giudice di primo grado avesse determinato in misura forfetaria ed equitativa i ricavi del contribuente. Evidenziava, altresì, il ricorrente come il giudice di appello avrebbe accolto tale motivo di appello, ritenendo erronea la rideterminazione del reddito in via equitativa da parte del giudice di primo grado in quanto priva di motivazione; ne conseguirebbe, ad avviso del ricorrente, che la conferma della sentenza di primo grado sarebbe priva di motivazione e, in ogni caso, il dispositivo sarebbe dovuto essere di accoglimento e non di rigetto dell’appello principale del contribuente, con conseguente evidente contrasto tra dispositivo e motivazione.

Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente, deduceva, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.  l’omessa pronuncia e quindi, nullità del procedimento, per violazione degli artt.1, secondo comma, d. lgs.n. 546/1992 e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in relazione a due differenti profili. Sotto un primo profilo, si denuncia omessa pronuncia in ordine al mancato superamento dei limiti previsti dall’art. 10, comma 4, l. 8 maggio 1998, n. 146 e in violazione dell’art. 10, commi 9 e 10, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, in relazione alla coerenza del contribuente con gli studi di settore, con particolare riferimento al periodo di imposta 2010, mancando lo scostamento del 40% dai ricavi presunti e in cui erano stati contestati i conteggi da parte dell’Ufficio, nonché in relazione al difetto di motivazione dello scostamento accertato e all’inapplicabilità del metodo analitico-induttivo. Sotto un secondo profilo, si denuncia omessa o insufficiente motivazione in relazione alla violazione di legge ex art. 7 l. 27 luglio 2000, n. 212 per omessa allegazione e omessa menzione del contenuto essenziale degli atti richiamati (in relazione al PVC), nonché omessa pronuncia in relazione alla dedotta illegittimità costituzionale. Osserva, inoltre, come non vi sia pronuncia in relazione al difetto di presupposti per procedere all’accertamento induttivo per essere lo stesso coerente in relazione agli studi di settore.

 

L’orientamento assunto dalla Corte di Cassazione nella Sentenza N°37849 del 01 dicembre 2021

I giudici della  Corte di Cassazione nella pronuncia in commento hanno ritenuto fondato il primo motivo di doglianza posto dal ricorrente, mostrando la sentenza impugnata un palese nonchè insanabilecontrasto” tra  il dispositivo finale  e la parte motiva del giudicato. In particolare, il dispositivo della sentenza impugnata è stato di rigetto dell’appello principale depositato dal contribuente; appello con il quale il ricorrente aveva, tra l’altro, contestato l’applicazione del metodo equitativo utilizzato dal giudice di primo grado, nella determinazione del maggiore reddito accertato e riferito al periodo d’imposta 2009. La sentenza di primo grado era, peraltro, giunta ad accogliere parzialmente il ricorso introduttivo del contribuente, riducendo di fatto, il maggior reddito accertato, in ragione della “forfetizzazione” del numero dei coperti in osservanza ad una proposta conciliativa formulata dall’Ufficio stesso e da un ipotizzato maggiore sfrido, oltre al consumo di “menù semplice”. Nella motivazione della sentenza di appello, invece, si legge che “il collegio rileva, comunque, la fondatezza della censura mossa dall’appellante, per quanto attiene la determinazione in via equitativa del maggior reddito accertato”. Ma tale statuizione, a sua volta, contrasta, da una lettura testuale del giudicato, oltre che con il dispositivo di rigetto dell’appello, anche con altra statuizione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui “la statuita legittimità dell’atto accertativo è supportata da una articolata motivazione, in cui sono evidenziati con precisione gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, rendendo in tal modo possibile il controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento”.

Pertanto,  è di tutta evidenza, come, nel caso di specie, la parte motiva della sentenza in commento è caratterizzata, secondo quanto affermato dai giudici di Palazzaccio, da un evidente contrasto; ossia, da una parte, si evince l’accoglimento dei motivi di appello  così come proposto dal contribuente esercente attività di ristorazione e pizzeria; dall’altra, il giudicato di seconde cure legittima l’avviso di accertamento emesso e notificato dall’ufficio impositore. Il contrasto è poi acuito dal fatto che nella parte successiva della motivazione, quando la sentenza analizza i presupposti sulla base dei quali si sarebbe dovuto procedere alla quantificazione del maggior reddito accertato, il giudice di appello, giunge a confermare l’impianto complessivo dell’accertamento dell’Ufficio rigettando sia le deduzioni del contribuente in ordine allo sfrido, sia all’autoconsumo dei pasti, sia al prezzo unitario a coperto, così aprendo, di fatto, la strada persino a un inasprimento dell’accertamento  così come compiuto dal giudice di primo grado.

Pertanto, nella casistica in esame, la Corte di Cassazione ha ribadito un orientamento già palesato in altre pronunce, affermando un principio giurisprudenziale prevalente e cioè, quello secondo cui il contrasto tra motivazione e dispositivo implica la nullità del giudicato, allorquando, il provvedimento risulta evidentemente inidoneo per consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale, e, conseguentemente, del diritto o bene riconosciuto.  Diversamente, se il contenuto del dispositivo dell’appello risulta evidentemente inequivoco, e, comunque, nel complesso coerente con la parte motiva della sentenza il contrasto non può dirsi tale da determinare la nullità insanabile del giudicato di secondo grado. In tal caso, si potrà parlare di errore materiale  emendabile con la procedura prevista dall’art.287 cpc applicabile anche nel procedimento davanti alla Commissione tributaria e, non denunciabile con l’impugnazione della sentenza (Cass., Sez. V, 3 agosto 2021, n. 22122; Cass., Sez. V, 27 aprile 2021, n. 11057; Cass., Sez. V, 18 dicembre 2019, n. 33650; Sez. VI, 17 ottobre 2018, n. 26074).

Nella casistica posta al vaglio dei giudici di Legittimità, la statuizione di rigetto dell’appello del contribuente (indicata nel dispositivo) è risultata in evidente contrasto con l’accoglimento del motivo di appello (indicato nella motivazione) relativo all’utilizzo del metodo equitativo. L’effettiva statuizione di conferma dell’atto impositivo è, poi risultato  in evidente contrasto con la proposizione dell’appello principale del contribuente. Pertanto, il tenore testuale del giudicato di seconde cure così come depositato dalla CTR adita ha portato gli Ermellini a dichiarare nulla, nel caso di specie, la sentenza in questione, per palese contrasto tra  la motivazione della stessa  e  il dispositivo finale, senza che ciò abbia dato adito ad una possibile ricostruzione dell’iter logico seguito dai giudici tributari di appello e posto a fondamento della statuizione giudiziale.