È nullo l’avviso di accertamento emesso dall’agenzia delle entrate prima dei sessanta giorni dal rilascio del pvc
In osservanza a quanto disposto dall’art.12, comma 7 della L.n°212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente), dopo il rilascio del PVC, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici. Pertanto, l’avviso di accertamento non può essere emesso dall’AdE prima della scadenza del suddetto termine che decorre dal rilascio al contribuente della copia del PVC di chiusura delle operazioni. L’ inosservanza dei sessanta giorni implica l’illegittimità dell’atto impositivo, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza che spetta all’ufficio dimostrare. E’ quanto ha disposto la Commissione Tributaria Regionale di Puglia con la Sentenza N°2072 del 28/07/2022 in concomitanza della quale i giudici tributari del gravame hanno riformato integralmente il giudicato di prime cure ritenendolo non aderente al dettato normativo di cui al richiamato art.12, comma 7 della L.n°212/2000. La sentenza di appello richiama diverse pronunce della stessa Corte di Cassazione, molte delle quali recentissime, in occasione delle quali i giudici di Palazzaccio hanno disposto l’illegittimità dell’atto impositivo in caso di inosservanza dei sessanta giorni disposti dalla L.n°212/2000 rappresentativa dei principi di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra A.F e contribuente.
il caso
La questione posta al vaglio dei giudici di appello è riconducibile, nel caso di specie, ad un avviso di accertamento emesso e notificato dall’ADE avente ad oggetto un Irpef 2011. Il giudice di primo grado rigettava i motivi di doglianza palesati dal ricorrente ritenendo fondata la pretesa erariale dell’ufficio. Il contribuente, nei termini di legge, presentava rituale atto di appello chiedendo, ai giudici del gravame, la riforma della sentenza di prime cure. Tra le questioni preliminari l’appellante lamentava la nullità dell’avviso di accertamento opposto per inosservanza del termine dilatorio previsto dall’art.12, comma 7 della L.n°212/2000. Nel merito, riproponeva i motivi di doglianza già eccepiti nel ricorso introduttivo. Si costituiva in sede di gravame l’AdE la quale confermava la legittimità dell’operato dell’ufficio ritenendo pertanto fondata la pretesa impositiva richiamata nell’avviso di accertamento riferita al periodo d’imposta 2011.
L’orientamento disposto dalla CTR PUGLIA nella Sentenza N°2072 del 28 luglio 2022
Con riferimento alla casistica in oggetto può dirsi condivisibile l’orientamento assunto dai giudici tributari del gravame che hanno accolto il terzo dei motivi di appello assorbente la stessa questione di merito.
In particolare, come già richiamato in premessa, nel caso de qua, il contribuente ha eccepito la nullità dell’avviso di accertamento opposto poiché notificato ante tempus; ovvero, in deroga alla disposizione normativa di cui all’art.12, comma 7 della L.n°212/2000 (Statuto dei Diritti del contribuente) in cui è disposto testualmente:“ nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. Pertanto, l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.
Da una lettura testuale della previsione normativa sopra richiamata è di tutta evidenza la preclusione da parte dell’AdE di emettere avvisi di accertamento prima dei sessanta giorni decorrenti dalla data di rilascio del PVC al contribuente verificato. La ratio della norma è quello nell’intervallo di tempo richiamato (60 gg) di consentire al contribuente la presentazioni di possibili osservazioni e richieste valutabili dall’ufficio impositore.
Pertanto, l’avviso di accertamento non può essere emesso dall’ufficio impositore prima dei sessanta giorni indicati espressamente dall’art.12, comma 7 della L.n°212/2000.
Sulla questione si è espressa ampia giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione in occasione della quale gli Ermellini hanno precisato che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, termine decorrente dal rilascio del PVC di chiusura delle operazioni, implica inevitabilmente la nullità dell’atto impositivo; salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza che devono essere motivate dall’ufficio procedente. In particolare, l’illegittimità dell’avviso di accertamento è riconducibile alla emissione dello stesso ante tempus poiché il termine indicato dall’art.12 ,comma 7 dello Statuto è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale che costituisce l’espressione primaria dei principi di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione finanziaria e contribuente ed è sicuramente diretto a rendere migliore e più efficace l’esercizio della pretesa impositiva. I giudici di Palazzaccio si sono anche soffermati sui verbali giornalieri di verifica redatti dalla GdF che normalmente vengono redatti a margine delle attività ispettive svolte dai verificatori.
Secondo la tesi dell’ufficio impositore poiché tali verbali vengono redatti molto spesso con la partecipazione dello stesso contribuente verificato, quest’ultimo, parteciperebbe, già in sede di verifica, ad una sorta di contraddittorio con l’A.F; per cui, sarebbe possibile per l’ufficio accertatore anticipare l’emissione dell’avviso di accertamento prima dei sessanta giorni indicati dall’art.12, comma 7 della L.n°212/2000. La Corte di Cassazione non ha tuttavia condiviso la testi dell’ufficio. In particolare, con la Sentenza N°12713/2022 gli Ermellini hanno espressamente chiarito che i verbali giornalieri di verifica non possono essere considerati un adempimento “sostitutivo” di quello normativamente previsto dal più volte richiamato art.12, comma 7 della L.n°212/2000. Diverse sono le pronunce dei giudici di Legittimità che hanno confermato tale orientamento giurisprudenziale (Cass. Ord.21662/2021; Cass.Sen.12713/2022; Cass. Ord.12356/2022). L’ultima pronuncia in ordine di tempo è l’Ordinanza n°17818 del 01/06/2022 in ocncomitanza della quale i giudici di Legittimità hanno fatto una puntuale distinzione tra i processi verbali di chiusura di verifiche nei quali vengono già formulate delle contestazioni da parte del contribuente e, i verbali di accesso nei quali viene solo dato atto delle operazioni effettuate dalla GdF senza che venga mossa alcuna contestazione da parte del contribuente.
Con riferimento al caso di specie, i giudici tributari di appello hanno accolto i motivi di doglianza del contribuente ritenendo che il giudice di prime cure ha dato una errata interpretazione della norma asseritamente violata poiché applicabile, secondo la CTP, esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali destinati all’esercizio dell’attività del contribuente. In altre parole, secondo i giudici tributari di primo grado i sessanta giorni richiamati dall’art.12 comma 7 vanno osservati solo se si tratta di accertamenti rinvenienti da accessi, ispezioni o verifiche fiscali. Trattasi di un assunto assolutamente estraneo alla previsione normativa di cui al più volte richiamato art.12. Del resto, nel caso di specie, giammai l’ufficio appellato ha dato prova in ordine alla configurabilità di motivate ragioni di urgenza che avrebbero legittimato l’emissione dell’atto impositivo ante tempus, ossia, prima dei sessanta giorni previsti dalla normativa sopra richiamata. Pertanto, i giudici tributari del gravame hanno accolto l’appello del contribuente e in riforma della sentenza di prime cure, annullato l’avviso di accertamento emesso e notificato dall’AdE per l’anno d’imposta 2011.