Gli elementi indiziari di capacità contributiva superabili solo con prova contraria del contribuente
In caso di accertamento sintetico dell’Amministrazione finanziaria legittimato dalla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente, gli elementi indiziari raccolti dall’ufficio in fase istruttoria finalizzati a determinare la capacità reddituale del contribuente possono essere smentiti solo tramite prova contraria fornita dallo stesso contribuente. E’ quanto ha disposto la Suprema Corte di Cassazione in concomitanza dell’Ordinanza n°17859 del 22 giugno 2021.Si tratta di un orientamento giurisprudenziale con il quale i Giudici di Legittimità hanno attribuito “prevalenza sostanziale” ai dati, sia pure indiziari, raccolti dall’ufficio e finalizzati alla ricostruzione induttiva avente ad oggetto la capacità reddituale del contribuente relativa al periodo d’imposta considerato. Prevalenza degli elementi raccolti dall’ufficio, superabile solo nel caso in cui il soggetto accertato riesce a dare prova (contraria) idonea che possa mettere in discussione l’ attendibilità dei dati raccolti dall’ADE in fase istruttoria.
Il caso
La questione impositiva posta al vaglio dei Giudici di Palazzaccio rinviene nel caso di specie dalla impugnazione di quattro avvisi di accertamento emessi dall’ADE con metodo sintetico relativi rispettivamente ai periodi di imposta 2002/2003/2004/2005. In particolare, a fronte di redditi dichiarati dalla contribuente pari a zero, con la sola eccezione dell’anno di imposta 2002 con riferimento al quale erano stati dichiarati redditi per € 2.194,00, veniva accertata dall’Ufficio l’esistenza di elementi oggettivi palesemente indicativi di una capacità contributiva costituiti, nel caso di specie, dall’acquisto di un’autovettura, di un immobile nonchè di azioni oltre al possesso di beni immobili, uno dei quali risultava gravato da mutuo nonché di una imbarcazione a motore. Trattasi, a detta dell’ufficio impositore di elementi ritenuti incompatibili con i redditi dichiarati dalla contribuente stesso. Tale assunto legittimava l’ufficio a formalizzare la richiesta di recupero di IRPEF, addizionali e relative sanzioni per le annualità accertate. La CTP adita accoglieva parzialmente i ricorsi riuniti. La CTR in sede di gravame accoglieva l’appello incidentale dell’Ufficio e rigettava l’appello principale della contribuente. In particolare, il giudice tributario, in sede di gravame, riteneva legittimo il modus operandi dell’ufficio il quale aveva operato legittimamente sulla base dei numerosi elementi riscontrati nella ricostruzione induttiva del reddito; elementi chiaramente indiziari di capacità contributiva,ritenendo che la contribuente non aveva offerto alcuna la prova contraria, risultando pertanto insufficiente la prova relativa a una vincita al gioco del lotto avvenuta nell’anno 2000, ritenendo il giudice tributario di appello, con riferimento all’appello incidentale dell’Ufficio, che la riduzione dei redditi accertata dal giudice di primo grado per i quattro anni oggetto di accertamento (2002 – 2005) non risultava giustificata. Avverso la sentenza della CTR il contribuente accertato proponeva ricorso per cassazione affidandolo a due motivi di doglianza. Resisteva con rituale controricorso l’Ufficio impositore ritenendo legittimo il modus operandi che aveva portato all’emissione degli avvisi di accertamento.
L’accertamento induttivo: inquadramento normativo
In deroga al criterio dell’accertamento analitico il reddito d’impresa delle persone fisiche, delle società commerciali ed il reddito da lavoro autonomo degli artisti e dei professionisti può essere determinato in via induttiva, cioè in maniera extracontabile, ai sensi e per gli effetti dell’art.39, comma 1 lett.d) e comma 2 del DPR n°602/73. L’accertamento induttivo previsto e disciplinato dalla normativa sopra richiamatasi, distingue in:
-accertamento analitico induttivo di cui all’ art.39, comma 1 lett.d) e comma 2 del DPR n°602/73 sopra richiamato In questo caso, l’Amministrazione finanziaria può fondare l’accertamento solo in presenza di presunzioni gravi precise e concordanti;
-accertamento induttivo vero e proprio di cui all’art.39,comma 2, e all’art.41 del D.P.R. n. 600/1973. In questo caso, l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità inattendibile può prescindere in tutto o in parte dalle risultanze delle scritture contabili, ed accertare induttivamente il maggior reddito utilizzando presunzioni anche non dotate dei requisiti di precisione gravità e concordanza di cui all’art.2729 cc. Per le persone fisiche non tenute alla redazione delle scritture contabili (es. lavoratori dipendenti) è previsto, come specificato dalla Circolare n°1/2018 della Guardia di Finanza, anche l’accertamento sintetico di cui all’art.38 del D.P.R. n. 600/73. E’ opportuno precisare che la ricostruzione a mezzo di accertamento induttivo del reddito, non esonera il contribuente dal reato di occultamento e distruzione delle scritture contabili, anche in presenza di validi motivi che giustificano l’assenza e l’incapacità di produzione, da parte del contribuente, delle scritture stesse (Corte di Cassazione, sent. n. 41830 del 19 ottobre 2015). La legittimità dell’accertamento induttivo però potrà anche essere invalidata nel caso in cui, con riferimento all’annualità d’imposta oggetto di controllo e contestazione, si sia verificata una rilevante perdita, causalmente connessa con il successivo fallimento. A tal proposito, con riferimento a tale specifica circostanza, per un’impresa prossima al fallimento, l’Agenzia delle Entrate non potrà utilizzare come parametri di riferimento gli standard di redditività di una impresa sana poiché in tal caso agirebbe in maniera opposta ai dettami costituzionali. Comunque, la stessa Guardia di Finanza nella Circ. n. 1/2018 sopra richiamata ha evidenziato che si dovrebbe prediligere l’accertamento analitico basato su elementi certi rispetto a quello induttivo o analitico-induttivo che dovrebbe essere attivato solo in presenza di specifiche condizioni tassativamente richiamata dalla normativa di riferimento che lo prevede.
Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza n°17859 del 22 giugno 2021.
Con riferimento alla questione impositiva posta al vaglio dei Giudici di legittimità, il primo motivo, per quanto attiene alla dedotta violazione di legge in tema di insufficienza probatoria degli elementi di capacità contributiva, ha riguardato la questione se sia sufficiente per l’Ufficio, ai fini dell’accertamento operato con metodo sintetico, addurre la mera deduzione dei beni indice; ovvero, se tali elementi debbano essere valutati, come sostenuto dal ricorrente unitamente agli elementi addotti da parte del contribuente.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di doglianza posto dal ricorrente. In particolare, secondo la giurisprudenza palesata dagli stessi Ermellini in altre pronunce, la determinazione del reddito delle persone fisiche, ove effettuata con metodo sintetico sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva. Per cui, può dirsi legittimo l’accertamento fondato su tali elementi espressione diretta della capacità reddituale del contribuente. Ne deriva, l’onere del contribuente accertato di offrire all’ufficio prova contraria in grado di smentire o meglio giustificare i fattori- indice intercettati dall’ ADE in sede di induttiva.
In altre parole, la Corte di Cassazione adita in sede di legittimità uniformandosi ad altre pronunce ha posto a carico del contribuente accertato, l’onere di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di fattori-indice significativi rispetto alla capacità reddituale del contribuente. L’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore rispetto a quello quantificato dall’ufficio spetta al contribuente accertato (in tal senso: Cass., Sez. V, 31 ottobre 2018, n. 27811).
Pertanto, l’allegazione di molteplici elementi indicativi della capacità contributiva accertati dall’ufficio impositore mediante redditometro costituisce inevitabilmente una circostanza che comporta una inversione dell’onere della prova che in quanto tale impone al contribuente l’allegazione di prove contrarie, a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio sulla base degli indici di capacità contributiva (Cass., Sez. V, 8 ottobre 2020, n. 21700; Cass., Sez. V, 17 marzo 2006, n. 5991). Ovvero, tali da dimostrare che il reddito presunto dall’ADE procedente non esiste o esiste in misura inferiore (Cass., Sez. VI, 10 agosto 2016, n. 16912). In ogni caso, l’Amministrazione finanziaria è comunque legittimata a risalire secondo il meccanismo dell’art. 2727 cod. civ., da un fatto noto (l’esistenza degli elementi di capacità contributiva) a quello ignoto (la sussistenza di un certo reddito: Cass., Sez. VI, 14 febbraio 2014, n. 3445). La prova contraria del contribuente si pone, pertanto, su un piano successivo e non contestuale rispetto all’accertamento del maggior reddito operato dall’Ufficio a seguito della allegazione degli elementi indicativi di capacità contributiva. Nella specie, la sentenza impugnata ha ritenuto in primis che l’ADE procedente ha operato sulla base degli elementi di capacità contributiva indicati dall’Ufficio e, successivamente, ha ritenuto che le prove offerte dalla contribuente non fossero idonee a inficiare gli elementi oggettivi e specifici addotti dall’Ufficio in sede di accertamento. Quindi, non solo spetta al contribuente accertato l’onere di fornire la prova contraria ex art.2697, comma 2 cc finalizzata a disattendere la valenza probatoria degli indici così come richiamati dall’ufficio in sede di accertamento e in considerazione dei quali è stata ricostruita la capacità reddituale del contribuente accertato per gli anni d’imposta considerati; ma, dovrà essere documentazione idonea a tal fine; ossia, documentazione avente ad oggetto fatti, circostanze, elementi oggettivi tali da dimostrarsi adeguati in termini probatori e tali da disattendere le valutazioni formulate dall’ufficio in sede di accertamento; documentazione capace di dimostrare, anche in una eventuale sede giudiziale, il minor reddito prodotto dal contribuente nei periodi d’imposta accertati. In mancanza, prevale il modus operandi adottato dall’ufficio che in quanto tale legittimerà l’atto impositivo emesso e notificato dall’ufficio a carico del contribuente.