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ICI/IMU: il terreno destinato ad opere di costruzione è considerato area fabbricabile fino alla data di ultimazione dei lavori | Ordinanza n°29192 del 06/12/2017

In tema d’Imposta comunale sugli immobili, nel periodo in cui il terreno agricolo sia distolto dall’esercizio delle attività di cui all’art.2135 c.c. poiché su di esso sono in corso opere di costruzione, demolizione, ricostruzione  o esecuzione di lavori di recupero edilizio, la base imponibile è costituita, giusta art.5, comma 6 del D.lgs.n°504/1992 dal valore dell’area utilizzata a tale scopo, la quale per tale  motivo, è considerata fabbricabile, indipendentemente dal fatto che lo sia o meno, in base agli strumenti urbanistici, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, venendo meno la ragione agevolativa della natura agricola, connessa ai rischi di tale attività”. E’ quanto ha disposto la Suprema Corte di Cassazione in concomitanza dell’Ordinanza n°29192 del 06/12/2017. Si tratta di un principio giurisprudenziale già palesato dai Giudici di Palazzaccio che tuttavia ha trovato conferma ulteriore nella pronuncia in esame. In particolare, nella casistica posta al vaglio di legittimità la Suprema Corte ha avvalorato “la finzione giuridica” che porta a considerare il terreno agricolo come area edificabile limitatamente all’intervallo di tempo che va dall’inizio dei lavori di costruzione, demolizione o esecuzione di lavori di recupero e fino alla data di ultimazione degli stessi, prescindendo dal fatto che il terreno in questione lo sia o meno in base agli strumenti urbanistici generali e attuativi. Finzione giuridica a cui ha fatto espresso richiamo lo stesso Ministero delle finanze nel Risoluzione n°209/E del 17/10/1997.

 

Il caso:

La questione impositiva di cui si tratta rinviene nel caso di specie dalla notifica di tre avvisi di accertamento ICI emessi e notificati da un comune emiliano e riferiti ai periodi d’imposta 2002/2003/2004. Avverso i predetti avvisi di accertamento ICI proponeva ricorso davanti alla C.T.P. il titolare di una  omonima ditta individuale il quale evidenziava in sede giudiziale l’illegittimità degli atti impositivi avendo gli stessi ad oggetto una richiesta di pagamento ICI riconducibile ad un terreno  ritenuto dal comune edificabile previo rilascio di una preventiva concessione edilizia finalizzata alla costruzione di un capannone da destinare alla conservazione ed alla lavorazione di prodotti agricoli.  Parte ricorrente contestava in atti la pretesa impositiva ICI così come  azionata dal comune impositore, trattandosi a suo dire di un terreno agricolo, in quanto tale assoggettabile al regime fiscale previsto per i terreni agricoli.

Entrambi i Giudici tributari di merito accoglievano la tesi della ditta individuale con conseguente annullamento degli avvisi di accertamento emessi e notificati  dal comune.

Avverso la sentenza della CTR Emilia Romagna il Comune soccombente in sede di gravame proponeva ricorso  segnalando in atti un unico motivo di ricorso; ossia, la violazione e falsa applicazione degli artt.2 e 5 del previgente D.lgs. 30 dicembre 1992, n°504.

 

-La normativa di riferimento contenuta nel  previgente D.lgs. n°504/1992  in materia di aree edificabili :

Preliminarmente rileva segnalare che la tassazione ICI riferita alle aree edificabili è per i Comuni impositori un comparto particolarmente ostico in considerazione del fatto che diversamente da quanto avviene per i fabbricati e per i terreni agricoli per i quali l’attività di accertamento ICI ai fini della determinazione della base imponibile, trova un punto di riferimento nella rendita catastale o nel reddito dominicale così come desunti dalla banca dati del catasto fabbricati e terreni.

Diversamente, la determinazione della base imponibile ICI riferita alle aree edificabili trova il suo parametro principale nel cosiddetto “valore venale in comune commercio così come vigente al 1° gennaio dell’anno d’imposizione” che in sostanza altro non è che il risultato finale della complessa ponderazione di tutti i fattori tassativamente elencati nel previgente art.5, comma 5 del D.lgs.n°504/1992[1].

La valutazione oggettiva di tali fattori direttamente desumibili dagli strumenti urbanistici adottati dal Comune ed espressamente richiamati dalla normativa di riferimento  spesso ha reso non facile per l’ente impositore la quantificazione del valore venale di riferimento sia per quello che riguarda la configurabilità della natura edificatoria dell’area accertata sia per quello che riguarda la congruità del valore venale  come quantificato in atti. Ne è scaturito un contenzioso particolarmente intenso che ha interessato i comuni impositori negli ultimi anni.

 

– Il principio disposto dall’Ordinanza n°29192 del 06/12/2017.

Quanto disposto dai Giudici tributari in sede di gravame non è stato condiviso dalla Corte di cassazione in punto di legittimità.

In particolare, i Giudici di Palazzaccio hanno disposto che in tema d’imposta comunale sugli immobili il terreno destinato alla realizzazione di opere di costruzione, demolizione o ricostruzione in esecuzione di lavori di recupero edilizio non può che essere considerato area edificabile almeno nell’intervallo di tempo che va dall’inizio dei ridetti lavori fino alla data di ultimazione degli stessi.

Va da se che la base imponibile ICI deve essere determinata, ai sensi del disposto normativo di cui all’art.5, comma 6 del D.lgs.n°504/1992[2] in cui è espressamente prevista la casistica che vede il terreno in questione interessato da possibili interventi di natura edificatoria riconducibili a interventi di demolizione o di recupero del fabbricato a norma dell’art.31, comma 1 lett.c), d), e) della L.n°457/78.

In tal caso, in deroga a quanto disposto dall’art.2 del D.lgs.n°504/1992  la base imponibile ICI è data dal valore venale dell’area in questione interessata dai ridetti lavori di fabbricazione, senza considerare il valore del fabbricato in corso d’opera  fino alla data di ultimazione degli stessi.

In altre parole, i Giudici di Palazzaccio hanno ritenuto applicabile al caso di specie il dettato normativo riconducibile alle aree edificabili ed in particolare, il dettato normativo di cui al già richiamato art.5 comma 6 del D.lgs.n°504/1992 indipendentemente dal fatto che il terreno in questione sia o meno effettivamente  edificabile in base agli strumenti urbanistici generali e/o attuativi.

Se vogliamo, la ratio della norma in commento recepita dai Giudici di legittimità rinviene dal fatto che l’utilizzo del terreno per la realizzazione dei lavori di fabbricazione sopra elencati “sottrae” il terreno stesso dal suo utilizzo riconducibile all’esercizio di una delle attività di cui all’art.2135 c.c.

Per cui, viene meno nel caso di specie la ragione agevolativa riconducibile alla  natura agricola del terreno che è strettamente connessa ai rischi di tale attività[3].

Pertanto, possiamo dire che i Giudici di Legittimità diversamente da quanto disposto dalle Commissioni tributarie in sede di merito ha avvalorato nel caso di specie la finzione giuridica” volendo utilizzare un espressione riportata dal Ministero delle finanze nella Risoluzione n°209/E del 17 ottobre 1997  che in quanto tale, nella casistica in esame opera limitatamente al periodo considerato; ossia, dalla data in cui hanno avuto inizio i lavori di esecuzione, demolizione e recupero edilizio fino alla data di ultimazione degli stessi e non invece dalla data del rilascio della concessione edilizia.

Ultimati i lavori del fabbricato la base imponibile ICI dovrà essere determinata prendendo in considerazione la rendita catastale del fabbricato, ossia la potenzialità reddituale dell’immobile così come vigente al 1° gennaio del periodo d’imposta considerato applicando alla lettera quanto disposto dal  previgente art.5, comma 2 del D.lgs.n°504/1992[4].

Ad avviso di chi scrive, può dirsi condivisibile l’orientamento palesato dalla Corte di cassazione nella casistica in esame. In particolare, gli elementi documentali e fattuali emersi in entrambi i gradi di giudizio riferiti al merito ci portano a non poter considerare l’area interessata come terreno agricolo secondo la definizione di cui all’art.2, comma 1 lett.c) del D.lgs.n°504/1992[5].

Nel momento stesso in cui un terreno non viene utilizzato per l’espletamento di una delle attività di cui all’art.2135 c.c. è di tutta evidenza che lo stesso non può essere considerato terreno agricolo.

Il periodo di vacatio che si viene a configurare nella casistica in cui il ridetto terreno è interessato da opere di costruzione, demolizione, ricostruzione o esecuzione di lavori di recupero edilizio configura la casistica contemplata dal più volte richiamato art.5 comma 6 del ridetto D.lgs.n°504/1992 che ci porta a considerare l’immobile come area fabbricabile assoggettando la determinazione della base imponibile al valore venale in comune commercio; proprio come se si trattasse di un’are edificabile.

Terminato il periodo di vacatio con l’ultimazione effettiva dei lavori la messa in atti del fabbricato presso l’agenzia del territorio

Fatte salve le considerazioni di cui sopra i Giudici di Palazzaccio giustamente hanno ritenuto non condivisibile l’orientamento assunto dal Collegio tributario di prime cure confermato in toto  anche dal Giudice del gravame che invece hanno considerato agricolo il terreno in questione fino alla data di ultimazione del fabbricato per essere poi lo stesso sottoposto alla diversa tassazione riconducibile al valore catastale dell’immobile dopo la messa in atti presso l’Agenzia del territorio.

Ovviamente, il principio espresso dai Giudici di Legittimità  deve essere recepito anche in regime d’IMU in considerazione del fatto che la normativa che disciplinava il comparto delle aree fabbricabili contenuta nel previgente art.5 commi 5 e  6 del D.lgs.n°504/1992  è stata recepita integralmente  dal D.L. 06/12/2011, n°201 attualmente vigente.

Le ragioni sopra esposte hanno giustificato il provvedimento disposto dagli Ermellini con conseguente cassazione della sentenza di appello e contestuale rinvio alla C.T.R. dell’Emilia Romagna.

 

Avv. Giuseppe DURANTE

Avvocato Tributarista – Esperto di Fiscalità Locale e Contenzioso Tributario – Pubblicista

 

[1] Il citato art.5 del D.lgs. n°504/1992, intitolato «Base imponibile», prevedeva al comma 5 che «Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche.».

[2] Il citato comma 6 sanciva che «In caso di utilizzazione edificatoria dell’area, di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero a norma dell’articolo 31, comma 1, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457, la base imponibile è costituita dal valore dell’area, la quale è considerata fabbricabile anche in deroga a quanto stabilito nell’articolo 2, senza computare il valore del fabbricato in corso d’opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato».

[3] Cfr. Cass. 27096/2016; Cass. 10082/2014.

[4] A mente del quale «Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello che risulta applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto , vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell’ultimo comma dell’articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.».

[5] Il citato art.2 del D.lgs. n°504/1992 specificava che ai fini dell’ICI «[…] per terreno agricolo si intende il terreno adibito all’esercizio delle attività indicate nell’articolo 2135 del codice civile».