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La documentazione depositata nel giudizio di primo grado sia pure tardivamente è comunque utilizzabile nel giudizio di appello anche in caso di contumacia della parte

La contumacia della parte nel  successivo giudizio di appello, non preclude la possibilità di utilizzo della documentazione dalla stessa depositata nel giudizio di primo grado, sia pure tardivamente (oltre il termine di cui all’art.32 del D.lgs.n°546/1992). E’ quanto ha disposto la Corte di Cassazione con la sentenza n°22759 del 12/08/2021. Si tratta di una principio giurisprudenziale non di poco conto con la quale gli Ermellini hanno disposto espressamente l’utilizzabilità, nel giudizio di appello,  della documentazione depositata nel giudizio primo grado, sia pure oltre il termine perentorio di cui all’art.32 del D.lgs.n°546/1992. L’inosservanza del termine disposto dall’art.32 preclude la possibilità di utilizzo dei documenti nel giudizio di prime cure, ma, comunque fa salva la possibilità di utilizzo della documentazione nel successivo grado di giudizio, pur in contumacia della parte che ha formalizzato il deposito.


 

-Il caso

La questione impositiva posta al vaglio dei giudici di legittimità, rinviene, nel caso di specie, dalla  proposizione di un ricorso avverso 21 cartelle di pagamento; ricorso introduttivo, dichiarato inammissibile dai giudici tributari di prime cure. In particolare, secondo i giudici della CTP era stata fornita prova idonea in ordine alla notifica delle cartelle gravate, ad eccezione di una cartella esattoriale  ritenuta “di competenza dell’autorità giudiziaria Ordinaria” con riferimento  alla quale il collegio tributario adito fissava termine per la riassunzione del giudizio innanzi alla giurisdizione competente. Tuttavia, il contribuente proponeva impugnazione, lamentando l’erroneità della decisione limitatamente alle cartelle di pagamento residue. La CTR adita respingeva l’atto di appello. In particolare, i giudici di secondo grado, contrariamente a quanto eccepito dall’appellante, ritenevano che sussistesse nel caso di specie la legittimazione processuale del singolo ufficio finanziario; ovvero, dell’Agente della riscossione nei cui confronti era stato proposto il ricorso. Pertanto,l’ufficio impositore era legittimato a stare in giudizio, anche in assenza di una specifica investitura statutaria o di investitura statutaria dell’organo cui, in via ordinaria, spettava la legale rappresentanza dell’Ente. Quanto all’intervenuta notifica delle cartelle il collegio tributario di seconde cure riteneva che dal combinato disposto degli artt. 32 e 58 D.lgs n.546/1992 la documentazione depositata dall’ufficio fosse pienamente utilizzabile. Avverso la sentenza di appello il contribuente proponeva ricorso in sede di legittimità. In particolare, parte ricorrente, eccepiva nel proprio atto di parte, la  violazione dell’art. 360 c.p.c., co.1, n. 3 configurandosi, nel caso de quo, una carenza di legitimatio ad processum unitamente alla violazione ex art. 11 d.lgs 546/92, art. 9, comma 1 D.lgs 156/2015 nonché del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. In particolare, secondo il ricorrente, il giudice di appello aveva errato ritenendo assorbente la questione di inammissibilità della costituzione in giudizio dell’ADER poichè avvenuta per mezzo di un avvocato esterno investito di procura speciale. Ciò era in contrasto con l’art. 11 D.Lgs 546/92, cosi come riformato dall’art. 9, co.1 D.Lgs 156/2015. Per effetto di tale carenza di legittimazione processuale, gli atti posti in essere dalla parte resistente sia, in primo grado che in appello, non potevano essere considerati legittimi e, pertanto,  non poteva ritenersi assolto l’onere probatorio ex art.2697 cc. riconducibile alla effettiva notifica delle cartelle di pagamento impugnate.Ancora, parte ricorrente eccepiva, nel proprio ricorso introduttivo, la violazione dell’art. 360 c.p.c. co. 1, n. 3 per irregolarità della documentazione depositata; pertanto,la violazione  ex art. 32 D.lgs 546/1992. In particolare,l’ Agenzia delle Entrate Riscossione, non costituendosi nel grado di appello, aveva omesso di regolarizzare la documentazione prodotta tardivamente nel giudizio di primo grado, non effettuando nessun deposito documentale, ammesso ai sensi dell’art.58 D.Igs 546/92. In virtù di tale comportamento processuale, si era verificata la violazione del termine perentorio di cui all’art.32,comma1 del D.lgs.n°546/1992. Pertanto, tutti gli allegati prodotti non avrebbero potuto avere alcun ingresso nel giudizio di appello. Al ricorso di parte ricorrente faceva seguito il controricorso  dell’ufficio impositore.

 

-Il principio disposto dalla Corte di Cassazione nella Sentenza n. 22759 del 21 agosto 2021

Con riferimento al primo motivo di doglianza la Corte di Cassazione adita ha disposto l’infondatezza dello stesso. In particolare, sulla questione, gli stessi Ermellini  (Cass. Sen. n. 30008/2019) hanno avuto modo di chiarire che, per la rappresentanza e la difesa in giudizio l’ADER, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al Tribunale ed al Giudice di pace,può avvalersi:

“a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici;

  1. b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r.d. cit. – nel rispetto degli articoli 4 e 17 del D.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell’art. 1, comma 5 del D.L. 193 del 2016, conv. in I. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio,la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità”.

Fatte queste premesse, il Protocollo di intesa tra Avvocatura dello Stato e Agenzia di Riscossione n. 36437 del 5 luglio 2017 prevede espressamente, con riferimento al contenzioso afferente l’attività di riscossione che: “l’Avvocatura assume il patrocinio dell’Ente nei seguenti casi:azioni risarcitone (con esclusione di quelle radicate innanzi al Giudice di Pace anche in fase di appello);azioni revocatorie, di simulazione e ogni altra azione ordinaria a tutela dei crediti affidati in riscossione; – altre liti innanzi al Tribunale Civile e alla Corte di Appello Civile, nelle ipotesi in cui sia parte anche un ente difeso dall’Avvocatura dello Stato; – liti innanzi alla Corte di Cassazione Civile e Tributaria.”.

Il protocollo sopra richiamato prevede, altresì, che l’ente sta in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti o di avvocati del libero foro iscritti nel proprio elenco avvocati nelle controversie relative a:

-liti innanzi al Giudice di Pace compresa la fase di appello;

– liti innanzi alle Sezioni Lavoro di Tribunale e Corte d’Appello; liti innanzi alle Commissioni Tributarie.

Con riferimento al caso di specie, secondo i giudici della Corte, trattandosi di legittimazione per lite innanzi alla Commissione Tributaria, non   è  configurabile alcun difetto  difetto di legittimazione dell’ADER convenuta.

Pertanto, in considerazione delle ragioni sopra esposte la Suprema Corte ha ritenuto infondato il primo motivo di doglianza così come richiamato dalla parte ricorrente.

Con riferimento al secondo motivo di doglianza eccepito nel ricorso introduttivo e finalizzato a censurare la sentenza d’appello, laddove, la stessa ha omesso di rilevare la tardività della produzione documentale depositata dall’ADER nel giudizio di appello poichè depositata oltre i venti giorni utili decorrenti dalla data di trattazione dell’udienza dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale e non reiterata in appello, in ragione della contumacia dell’ufficio impositore, i Giudici di Palazzaccio hanno espressamente chiarito che: «in tema di contenzioso tributario, il giudice d’appello può fondare la propria decisione sui documenti tardivamente prodotti in primo grado, purché acquisiti al fascicolo processuale in quanto tempestivamente e ritualmente prodotti in sede di gravame entro il termine perentorio di cui al D.Lgs.31 dicembre 1992, n. 546, art. 32, comma 1, di venti giorni liberi prima dell’udienza, applicabile in secondo grado stante il richiamo, operato dall’art. 61 del citato decreto, alle norme relative al giudizio di primo grado» (Cass Civ. n. 24906/2018). Pertanto, se la documentazione è stata acquisita, ancorché tardivamente al fascicolo di primo grado, questa, può comunque essere regolarmente utilizzata dal giudice tributario del gravame, ai fini della sentenza di appello.

In particolare, una volta consentita l’utilizzabilità in appello dei documenti depositati in primo grado oltre il termine di cui all’art. 32, comma 1del D.lgs.n. 546/1992, non avrebbe senso escludere la possibilità che  il giudice tributario di appello, possa decidere sulla scorta di essi solo perché la parte è rimasta contumace in sede di gravame. Nel processo tributario i fascicoli di parte restano acquisiti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio, fino al passaggio in giudicato della sentenza (Cass. Sen n. 5429/2018).

Ne deriva che, nella casistica posta al vaglio dei giudici di legittimità, la documentazione depositata tardivamente dall’ADER, nel giudizio di primo grado, proprio in ragione di quanto previsto dall’art. 25 del D.lgs.n.546 del 1992, deve ritenersi formalmente  acquisita dal procedimento di appello, potendo, la stessa, essere utilizzata dai giudici del gravame ai fini della decisione finale.

Quello palesato dagli Ermellini è un principio giurisprudenziale non assolutamente  scontato soprattutto nella casistica particolare vagliata dagli Ermellini che ha visto la mancata costituzione dell’ADER nel successivo   giudizio di appello. Pertanto, la tardività del deposito documentale concertizzatasi nel giudizio di primo grado non pregiudica in alcun modo l’utilizzo degli stessi documenti nel successivo grado di giudizio.