Le aree adibite a parcheggio dei centri commerciali scontano il pagamento della TARSU
E’ dovuto il pagamento della tassa rifiuti solidi urbani in relazione alle aree scoperte adibite a parcheggio del centro commerciale utilizzate dai clienti per la sosta dei veicoli nonché la manovra degli automezzi. E’ quanto ha disposto la Suprema Corte di Cassazione in concomitanza della Sentenza n°18500 del 26 luglio 2017. Si tratta, se vogliamo, di un principio giurisprudenziale già palesato in altre pronunce dai Giudici di Palazzaccio relativamente alla corretta applicazione dell’art.62, comma 1 del D.lgs.n°507/1993; orientamento giurisprudenziale che tuttavia non ha precluso dubbi e perplessità da parte dell’utenza anche e soprattutto per la consistenza degli importi in gioco riconducibili a una pertinenza dei locali occupati o detenuti.
Il presente articolo partendo proprio dalla pronuncia depositata dagli Ermellini focalizza la previgente normativa TARSU contenuta nel D.lgs.n°507/1993 con particolare riferimento alla possibile esenzione di aree scoperte pertinenziali o accessorie rispetto all’immobile principale richiamando l’onere della prova incombente sul contribuente che richiede l’esenzione dal pagamento del tributo.
–Il caso:
La questione di cui si tratta rinviene dalla emissione e successiva notifica di un avviso di accertamento TARSU riferito ai periodi d’imposta 2006/2010 a cui ha fatto seguito rituale opposizione da parte della società destinataria dell’atto impositivo. In particolare, i motivi di doglianza mossi da parte attrice facevano riferimento alla non debenza della tassa in questione, trattandosi nel caso di specie di un area scoperta adibita a parcheggio di un centro commerciale utilizzata per la sosta dei clienti e la manovra dei veicoli e degli automezzi giunti in prossimità del centro commerciale.
Al rigetto del ricorso introduttivo da parte del giudice di prime cure faceva seguito successivo atto di appello in sede di gravame ivi ribadendo la SPA le ragioni che legittimavano a suo dire l’esenzione dell’area scoperta.
A seguito della discussione in pubblica udienza il Collegio tributario di secondo grado accoglieva le ragioni della società appellante, ritenendo che l’area scoperta di cui si discuteva fosse un’area operativa in via autonoma, trattandosi invece un’area accessoria a quella ove la società contribuente esercitava la sua attività di vendita dei prodotti. Ne deriva, pertanto che la superficie destinata a parcheggio per i clienti non poteva ritenersi tassabile. All’accoglimento dell’atto di appello da parte del Giudice tributario di secondo grado faceva seguito ricorso per cassazione da parte del Comune impositore, ritenendo l’ente impositore configurabile nel caso de quo la violazione e falsa applicazione di norma di legge; nel caso di specie, dell’art.62 commi 1 e 2 del D.lgs.n°507/1993.
-L’art.62, commi 1 e 2 del D.lgs.n°507/10993:
In materia di TARSU il previgente D.lgs.n°507/1993 all’art.62, comma 1 dispone testualmente: “ la tassa è dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in maniera continuativa nei modi previsti dagli artt.58 e 59, fermo restando quanto stabilito dall’art.59 comma 4. Per l’abitazione colonica e gli altri fabbricati con area scoperta di pertinenza la tassa è dovuta anche quando nella zona in cui è attivata la raccolta dei rifiuti è situata soltanto la strada di accesso all’abitazione ed al fabbricato”.
Dalla lettura testuale dell’articolo sopra richiamato si evince chiaramente come la soggettività passiva TARSU sia subordinata “de plano” all’occupazione o detenzione di locali e aree scoperte a qualsiasi uso adibiti fatta esclusione per le sole pertinenze degli immobili destinati a civile abitazione.
Pertanto, solo le condizioni tassativamente previste dal successivo comma 2 dello stesso art.62 del D.lgs.n°507/1993 possono derogare al principio generale di cui al comma 1. In particolare, “non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obbiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obbiettivi direttamente rilevabili o idonea documentazione”.
Dalla lettura testuale del comma 2, art.62 del più volte richiamato D.lgs.n°507/1993 si deduce ictu oculi il rigore a cui il legislatore subordina la non debenza TARSU di locali e aree a cui per diverse ragioni non è possibile ricondurre la produzione di rifiuti.
–La Sentenza N°18500 del 26 luglio 2017 sulla “soggettività passiva” delle aree scoperte
destinate a parcheggio di centri commerciali:
L’orientamento palesato dai Giudici di Palazzaccio nella pronuncia in esame ribadisce quanto già segnalato in altre sentenze precedenti in occasione delle quali la Suprema Corte aveva già affermato il principio secondo cui in tema di TARSU il D.lgs.n°507/1993 all’art.62, comma 1 dispone che il versamento della tassa è dovuto unicamente per il solo fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperete a qualsiasi uso adibiti, ad eccezione di quelle pertinenziali o accessorie rispetto all’abitazione. Per cui, dalla lettura testuale della norma sopra richiamata è chiaro il principio generale secondo cui la soggettività passiva TARSU rinviene de plano dall’occupazione o detenzione di locali ed aree scoperte prescindendo dall’utilizzo delle stesse da parte degli occupanti o detentori.
Ne deriva che le deroghe previste al successivo comma 2 dello stesso art.62 del D.lgs.n°507/1993 nonché la possibilità di riduzione tariffaria di cui al successivo all’art.66 dello stesso Decreto “non operano in via automatica” bensì spetta al contribuente fornire la prova in ordine alla effettiva sussistenza dei presupposti che legittimano l’esenzione o la riduzione dal versamento del tributo. Anche in questo i Giudici di Palazzaccio hanno ribadito un principio giurisprudenziale già palesato in altre pronunce, ritenendo del tutto eccezionale la configurabilità di una condizione di esenzione totale o parziale dalla debenza del tributo; condizione di esenzione che dovrà essere tassativamente provata sempre e comunque dal contribuente che ritiene applicabile il regime di privilegio così come previsto dalla norma.
In altre parole, spetta al contribuente fornire prova documentale idonea che dimostri la mancata produzione di rifiuti del locale o dell’area scoperta destinata ad un determinato utilizzo che preclude la produzione di rifiuti.
In mancanza, prevale la presunzione riconducibile alla produzione di rifiuti per il solo fatto di occupare o detenere un locale o un area scoperta, soggiacendo la stessa al principio generale disposto dall’art.62 comma 1 del D.lgs.n°507/1993.
Con riferimento alla casistica che ci occupa i Giudici di Legittimità non hanno ritenuto sufficiente il solo “rapporto di accessorietà” dell’area scoperta rispetto all’immobile principale; o meglio la funzione “pertinenziale” in senso strettamente Codicistico che l’area destinata a parcheggio ricopre rispetto ai locali destinati alla vendita commerciale (Cass. n°18054 del 14/09/2016).
In particolare, l’art.62, comma 2 del D.lgs.n°507/1993 sopra richiamato nell’escludere dall’assoggettamento della TARSU i locali e le aree scoperte che non possono produrre rifiuti “per il particolare uso cui le stesse sono stabilmente destinati”, esige espressamente che sia provata da parte del contribuente non solo la stabile destinazione dell’area ad un determinato uso (quale nel caso di specie il parcheggio), ma anche la circostanza che tale utilizzo dell’area non comporta la produzione di rifiuti. La presunzione ex lege in ordine alla produzione di rifiuti anche su questa tipologia di aree implica l’obbligo a carico del contribuente di fornire sempre e comunque la prova che superi tale presunzione in ordine alla produzione di rifiuti, previa apposita denuncia e idonea documentazione che attesti la sussistenza dei presupposti che legittimano l’esenzione dal pagamento della tassa (Cass. sen. N°5047 del 13/03/2015).
In mancanza, la società contribuente è tenuta a versare il tributo per i parcheggi in quanto trattasi di aree frequentate da persone e quindi produttive di rifiuti anche solo in via presuntiva.
-Conclusioni:
A parere di chi scrive, può dirsi condivisibile l’orientamento ultimo assunto dai Giudici di legittimità che hanno ribadito un principio giurisprudenziale già palesato in altre pronunce. In particolare, la previsione normativa di cui al più volte richiamato art.62 comma 1 del D.lgs.n°507/1993 subordina espressamente la soggettività passiva TARSU alla sola occupazione o detenzione di locali e aree scoperte a qualsiasi uso adibite prescindendo dall’utilizzo delle stesse.
La possibilità di esenzione totale o parziale dall’obbligazione TARSU deve ritenersi strettamente subordinata alle condizioni tassativamente previste dal successivo comma 2 dell’art.62 del D.lgs.n°507/1993 in termini di mancata produzione di rifiuti.
Con riferimento al caso che ci occupa riferito in particolare alle aree scoperte destinate a parcheggio di un centro commerciale gli Ermellini hanno ritenuto dovuto il pagamento della tassa per il periodo d’imposta 2006/2010, non avendo la società esercente attività commerciale dato prova in termini dichiarativi e documentali sulla circostanza che la destinazione specifica dell’area accertata (destinata alla sosta dei clienti e alla manovra degli automezzi) non implica nel caso di specie la produzione di rifiuti. Prevale in mancanza di prova previa esibizione di dichiarazione ad hoc e relativa documentazione che attesi la mancata produzione di rifiuti, la presunzione ex lege rinveniente dalla lettura testuale del più volte richiamato art.62 comma 1 del D.lgs.n°507/1993 alla cui previsione è strettamente subordinata la soggettività passiva TARSU.