Le nuove regole TARI vigenti dal 1° gennaio 2021 – Il D.Lgs N. 116 del 2020: le modifiche disposte in materia di T.U.A. (Testo Unico Ambientale)
Premessa:
Il D.lgs.n°116/2020 recependo le direttive espresse in ambito comunitario ha apportato importanti modifiche al D.Lgs. n.152 del 2006 ossia al Testo Unico dell’Ambiente (TUA) ed in particolare, nella parte IV relativa alla gestione dei rifiuti e alla bonifica dei siti inquinati. Particolarmente interessanti sono i riflessi che già dal 1°gennaio 2021 il Decreto ha implicato con riferimento alla TARI in ordine alla quale i Comuni impositori dovranno rivedere l’intera gestione del tributo nonostante siano ancora tanti i punti di domanda non chiariti dalla normativa di riferimento. Ma, vediamo le principali novità disposte dal decreto con riferimento sia al TUA facendo seguito al recepimento delle direttive europee in materia di rifiuti sia in regime di TARI intervenendo sulla L.n°147/2013 attualmente vigente.
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1.Le principali novità disposte dal D.lgs.n°116/2020
In particolare, il D. Lgs. n.116 del 2020 è intervenuto su:
- l’art. 183 del TUA, introducendo al comma 1, lett. b-ter), la definizione di “rifiuti urbani”, uniformandola a quella comunitaria e individuando al punto 2 i rifiuti provenienti da altre fonti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici, che comporta come conseguenza il venir meno dei cosiddetti “rifiuti assimilati”. E’ ovvio, che si tratta di una modifica che non mancherà di avere ripercussioni immediate nella gestione della TARI da parte dei Comuni impositori, già a partire dal 1°gennaio 2021 precludendo, agli enti impositori, la possibilità di assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, potendo pertanto attrarre nel regime di privativa dell’ente locale, anche i rifiuti cosiddetti assimilati.
- l’art. 184 del TUA che riguarda la classificazione dei rifiuti;
- l’art. 198 del TUA che, con l’abrogazione della lettera g), del comma 2, confermando quanto già sopra evidenziato, fa venire meno il potere dei comuni di regolamentare l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, operando quindi un’assimilazione ex lege uniforme su tutto il territorio nazionale, proprio in osservanza alla nuova definizione di rifiuto urbano di matrice comunitaria. Il comma 2-bis dello stesso art. 198 dispone la possibilità che le utenze cosiddette non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi. La prova in ordine all’effettivo recupero dei rifiuti spetta al soggetto produttore o utilizzatore dei rifiuti stessi.
- l’art. 238, comma 10 del TUA, che disciplina la c.d. tariffa integrata ambientale o TIA2, soppressa dall’art. 14, comma 46, del D. L. n. 201 del 2011, tale da richiedere una opportuna correzione normativa. La disposizione normativa introdotta prevede che le utenze non domestiche, che producono rifiuti urbani e li conferiscono al di fuori del servizio pubblico, dimostrando di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi, sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria, rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti. La scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico, ovvero del ricorso al mercato deve essere effettuata per un periodo non inferiore a cinque anni.
Pertanto, anche con riferimento alla TIA2 valgono gli stessi principi generali applicabili per la TARI sopra richiamati. In altre parole, è’ fatta salva la possibilità di svincolarsi dal regime di privativa del Comune (diversamente da quanto previsto prima dell’entrata in vigore del D.lgs.n°116/2020) potendosi avvalere di soggetti privati specializzati nel conferimento dei rifiuti, a condizione che se ne dia prova documentale idonea e certa.
- Interazione del D.lgs.n°116/2020 con la normativa vigente in ambito ambientale e finanziario: le modifiche apportate in materia di TARI
Per quanto riguarda l’applicazione o meglio l’interazione del D.Lgs.n.116 del 2020 con le disposizioni normative in vigore in ambito ambientale e finanziario è necessario fare chiarezza in ordine ai seguenti punti:
- a) Interazione e coordinamento del D.lgs.n°116/2020 con l’art. 238 del TUA e il comma 649 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 in merito alla TARI.
In ordine all’applicazione del D. Lgs. n. 116 del 2020 occorre fornire alcuni chiarimenti circa le disposizioni contenute all’art.238 del TUA che recano riferimenti alla tariffa, la c.d. tariffa integrata ambientale o TIA2. Quest’ultima, infatti, è stata soppressa dall’art.14, comma 46, del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, istitutivo della TARES, il quale ha disposto che “a decorrere dal 1° gennaio 2013, sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria…”.
Rileva altresì segnalare che la stessa Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8631 del 2020 ha affermato che: “l’applicazione della T.I.A. 2 da parte dei Comuni è rimasta circoscritta ad un limitato intervallo di tempo compreso tra il 01 luglio 2010 (data a partire dalla quale il legislatore ha permesso l’utilizzo della tariffa anche in mancanza del regolamento di cui dell’art. 238, comma 6) e il 31 dicembre 2012”.
Tuttavia, nelle more di un intervento normativo che elimini espressamente detti riferimenti, si può ritenere consentita una lettura attualizzata ed evolutiva delle norme recate dal D. Lgs. n. 116 del 2020 e che riguardano l’art. 238 del TUA. Ciò implica che nel comma 17 dell’art. 1 del citato
- Lgs., che modifica l’articolo 189 del TUA, in luogo dei “proventi della tariffa di cui all’articolo 238” occorre considerare i proventi della TARI di cui all’art. 1 commi 639 e 668 della legge n. 147 del 2013, quali entrate attualmente vigenti, nel quadro normativo di riferimento dei prelievi sui rifiuti.
Del resto, non bisogna dimenticare che il D. Lgs. n. 116 del 2020 di recente vigenza costituisce la normativa di adeguamento delle direttive dell’UE e, pertanto, la sua applicazione non può essere ostacolata da possibili incoerenze normative interne allo Stato membro laddove la disciplina di riferimento è chiara, non lasciando spazio a possibili dubbi interpretativi.
Il comma 649 dell’art. 1, della legge n. 147 del 2013 in relazione alla disciplina della TARI attualmente vigente, presenta forti analogie con le disposizioni inserite nel comma 10 dell’art. 238 del TUA che proprio tali ragioni popichè disposizioni di recepimento della disciplina europea devono essere lette in combinato disposto con la normativa di cui alla legge 147/2013 in materia di TARI.
Ed invero, il comma 10 dell’art. 238 del TUA, come modificato dall’art. 3, comma 12, del D. Lgs. n. 116 del 2020, prevede che “le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all’articolo 183 comma 1, lettera b-ter) punto 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell’utenza non domestica, di riprendere l’erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale”.
Invece, il comma 649 dell’art.1 della legge n. 147 del 2913 dispone testualmente che “per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati”.
Nell’operazione di coordinamento ed interazione delle due norme sopra richiamate, si deve osservare, innanzitutto, che la disposizione da ultimo riportata richiama ancora i c.d. “rifiuti speciali assimilati”, tipologia di rifiuto che, come già segnalato,, non è più esistente in quanto del tutto superata dalla normativa UE e da quella nazionale di recepimento e sostituita dalla nuova definizione di “rifiuti urbani”.
Inoltre, la stessa disposizione di cui al comma 649 collega la riduzione della quota variabile della TARI alle quantità di rifiuti che il produttore dimostra di aver avviato al “riciclo”, a differenza di quanto previsto dal predetto comma 10 dell’art. 238 che fa, invece, riferimento ai rifiuti avviati al “recupero”, come pure il comma 2-bis dell’art. 198 del TUA, inserito dal D. Lgs. n. 116, il quale prevede che “le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi. Tali rifiuti sono computati ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti urbani”.
Si deve osservare altresì che il Legislatore del D. Lgs. n.116 del 2020, nel recepire le disposizioni dell’UE ha voluto chiaramente valorizzare l’intero processo di recupero, di cui il “riciclo” costituisce una delle operazioni “industriali” attraverso le quali si può effettuare il recupero. Conditio, quest’ultima, che legittima il soggetto procedente all’esenzione TARI riferita alla superficie interessata dalla produzione di rifiuto avviati al riciclo da parte dello stesso soggetto produttore.
Procedendo a un’interpretazione sistematica delle due norme, si ribadisce che il riferimento deve essere effettuato nei soli confronti dei rifiuti urbani come definiti dalle nuove disposizioni, in quanto la volontà del Legislatore è quella di consentire come scelta affidata unicamente ai produttori, e non più al Comune impostore come previsto dal comma 649, di avviare al recupero tutti i rifiuti.
Le novità recate dal D. Lgs. n. 116 del 2020 richiedono, infatti, che i produttori possano conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico e ne dimostrino l’avvio al recupero mediante specifiche attestazioni. Alla luce di questa novella normativa, non vi è dubbio sul fatto che la proporzionalità prevista dal comma 649 dovrà essere reinterpretata alla luce del processo di recupero di cui l’avvio richiesto al produttore, costituisce la fase di impulso principale.
Avviato il processo mediante l’affidamento al circuito o filiera coinvolta è poi lo stesso processo a determinare le quantità recuperate, con gli eventuali scarti di rifiuti che non sono più recuperabili. Conseguentemente, sarà possibile definire con precisione la riduzione della quota variabile della TARI in proporzione alla quantità effettiva di rifiuti avviata al recupero.
Sul tema, rileva altresì precisare che, dalla lettura combinata dell’art. 198, comma 2-bis e del chiarimento sopra effettuato per il comma 649, anche nel caso in cui il produttore eserciti la facoltà di avviare al recupero i rifiuti urbani, la parte fissa della TARI resta comunque dovuta, ciò in quanto il comma 10 del citato art. 238 prevede l’esclusione dal servizio pubblico solo per la parte variabile, lasciando, quindi, impregiudicato il versamento della TARI relativamente alla parte fissa.
In altre parole, il conferimento dei rifiuti da parte del produttore potrà esentare quest’ultimo dal pagamento del tributo solo con riferimento alla quota variabile. Rimane intoccabile la quota fissa finalizzata alla copertura dei costi sostenuti dall’ente impositore
- b) Determinazione delle tariffe TARI e della tariffa corrispettiva.
Al fine di garantire una ordinata rappresentazione circa l’affidamento al servizio pubblico della raccolta di rifiuti urbani da parte di attività produttive, l’utente produttore è tenuto a comunicare formalmente all’ente gestore di ambito ottimale, ove costituito ed operante, ovvero al Comune di appartenenza la scelta di avvalersi o meno del servizio pubblico di raccolta, entro e non oltre il 30 giugno dell’esercizio precedente all’anno di riferimento. La comunicazione, relativa alla scelta di affidarsi ad un gestore alternativo a quello del servizio pubblico deve riportare le tipologie e le quantità dei rifiuti urbani prodotti oggetto di avvio al recupero. Tale comunicazione incide sulla determinazione del Piano Economico Finanziario del Servizio Pubblico di gestione dei rifiuti urbani (PEF), ai fini della determinazione delle tariffe TARI e della tariffa corrispettiva. Per tale motivo, si è reso necessario indicare il periodo temporale dei cinque anni, ovverosia, un lasso di tempo congruo per assicurare la stabilità e la continuità del servizio di raccolta da parte dei Comuni. È bene precisare che detta indicazione temporale, non rileva ai fini dell’affidamento del servizio da parte dell’attività produttiva che, infatti, potrà, nel corso dei suddetti cinque anni, come esplicitato nell’ultimo periodo della disposizione, cambiare operatore in relazione all’andamento del mercato, purché, sia garantito il servizio di raccolta e l’avvio al recupero dei rifiuti urbani prodotti.
Rispetto alle criticità circa uno sfasamento tra entrate e costi determinato dalla circostanza che il metodo tariffario rifiuti (MTR) di ARERA (Delibera n. 443 del 2019 – Annualità 2018-2021) stabilisce che i costi siano quelli del biennio precedente, pur aggiornati, ARERA potrebbe adottare opportuni correttivi nel MTR per consentire di superare l’attuale disallineamento tra costi e gettito, fino al raggiungimento di un regime ordinario (presumibilmente dal 2022).
In materia di TARI, la regola generale vuole che le tariffe di riferimento siano approvate entro la scadenza utile per il bilancio di previsione fissata al 31/03/2021.
Facendo un passo indietro, l’art.107 del D.L.18/2020 (Decreto Cura Italia) ha fatto salva la possibilità di confermare provvisoriamente per il 2020 le tariffe del periodo d’imposta 2019, evitando così ai Comuni impositori di dovere affrontare, in piena pandemia, le nuove regole per il calcolo dei costi efficienti previsti da ARERA. Tuttavia, l’applicazione di tariffe non aggiornate ha implicato in molti casi una copertura non sufficiente rispetto ai costi effettivi sostenuti dal Comune nell’anno di competenza e stabiliti ex post con il Pef 2020.
Pertanto, la possibile differenza richiederà necessariamente un conguaglio che potrà essere spalmato dall’ente comunale nel triennio 2021/2023. Tuttavia, per potere deliberare le tariffe TARI 2021 sarà necessario approvare preventivamente sia il PEF 2020 sia quello riferito al 2021. Il PEF riferito alla TARI 2021 dovrà già recepire le nuove regole contenute nel D.lgs.n°116/2020 con tutto quello che concerne l’abolizione dei rifiuti assimilati sopra richiamati.
- C) Locali ove si producono rifiuti “urbani” con riferimento alle diverse categorie di utenza ed in particolare alla categoria 20 (attività industriali).
Sempre con riferimento alal normativa contenuta nel D.lgs.n°116/2020 in commento a parere di chi scrive rileva segnalare che l’Allegato L-quinquies al D. Lgs. n. 116 del 2020 contiene l’elenco delle attività che producono rifiuti urbani e che in esso non sono ricomprese le “Attività industriali con capannoni di produzione”. Tale assunto ci porta a pensare che questi ultimi diano luogo solo alla produzione di rifiuti speciali. Tuttavia, l’art. 184 del TUA definisce “speciali” i rifiuti delle lavorazioni industriali, se diversi dai rifiuti urbani, per cui appare evidente che le attività industriali sono produttive sia di rifiuti urbani che di quelli speciali. Ciò comporta che:
- le superfici dove avviene la lavorazione industriale sono escluse dall’applicazione dei prelievi sui rifiuti;
- ai sensi dell’art. 1, comma 649 della legge n. 147 del 2013 sono esclusi i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di attività produttive di rifiuti speciali;
- continuano, invece, ad applicarsi i prelievi sui rifiuti, sia per la quota fissa che variabile, per le superfici produttive di rifiuti urbani, come, ad esempio, mense, uffici, servizi, depositi o magazzini che non sono funzionalmente collegati alle attività produttive di rifiuti speciali; • resta dovuta solo la quota fissa laddove l’utenza non domestica che svolge, ad esempio, un’attività di tipo industriale, scelga di conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, poiché il comma 649 come innanzi interpretato prevede l’esclusione della sola componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti e cioè della parte variabile.
- D) Possibilità di fissazione di una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico, a seguito dell’eliminazione della potestà comunale di assimilazione. Riguardo a tale punto, occorre ribadire che il D. Lgs. n. 116 del 2020 ha eliminato la competenza dei comuni in materia di regolamentazione sull’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, facendo venir meno, a decorrere dal 1° gennaio 2021, anche i limiti quantitativi già stabiliti dai regolamenti comunali.
E’ questa una modifica apportata dal D.lgs.n°116/2020 che non può che avere un’incidenza diretta in regime di TARI poiché ha ulteriormente limitato il potere dei Comuni impositori in ordine alla regolamentazione del tributo TARI con specifico riferimento alla quantità dei rifiuti assimilabili agli urbani; ciò, potrebbe implicare un aumento incontrollato delle quantità di rifiuti urbani rispetto a quelle attuali rendendo difficile lo svolgimento del servizio da parte del Comune; per cui, è stata manifestata l’esigenza di fissare dei limiti di conferimento dei rifiuti urbani da parte delle utenze non domestiche che devono necessariamente considerare la capacità di assorbimento del sistema.
- Conclusioni:
Le modifiche disposte dal D.lgs.n°116/2020 soprattutto in materia di TARI indubbiamente hanno contribuito a creare uno scenario tutt’altro che chiaro in ordine al quale i Comuni saranno messi a dura prova nella gestione della TARI 2021.
Secondo le direttive impartite dal MEF i regolamenti comunali dovranno essere necessariamente aggiornati in considerazione del nuovo quadro normativo disposto dal nuovo D.lgs.n°116/2020 già in vigore, in modo da riconoscere una riduzione della quota variabile che sarà proporzionale rispetto alla quantità di rifiuti urbani che si dimostra di avere avviato al riciclo direttamente o tramite società specializzate e di cui, si dovrà dare prova certa anche in caso di contenzioso.
Il MEF ha sicuramente chiarito alcuni aspetti. Tuttavia, restano ancora da risolvere altre problematiche di carattere operativo, quali ad esempio, il limite quantitativo di rifiuti conferibili al pubblico servizio che prima veniva determinato in sede di assimilazione.
Considerando l’ampia potestà regolamentare legittimata dal D.lgs.n°446/1997 che per oltre un ventennio ha sempre permesso ai Comuni impositori di gestire al meglio i tributi di spettanza cercando di ottimizzarne il gettito, in particolare IMU e TARI, sia con riferimento all’attività di accertamento sia a quella di riscossione, i Comuni potranno più coerentemente stabilire una riduzione per l’avvio al recupero dei rifiuti, in modo da assicurare ai soggetti che non intenderanno uscire dal servizio pubblico una riduzione proporzionale alla quantità di rifiuti avviati al recupero, tenendo presente che anche il riciclo può essere intesa un’operazione di recupero dei rifiuti prodotti. Tuttavia, non è così semplice l’applicazione di questo modus operandi nella casistica delle imprese che producono rifiuti urbani indifferenziati con riferimento ai quali la tariffa si calcola essenzialmente sulla misurazione di tali rifiuti ex D.M. 20/04/2017.
L’auspicio è che possano arrivare al più presto interventi del MEF finalizzati a fare chiarezza in ordine alla gestione del tributo TARI che, mai come quest’anno, sarà per i Comuni particolarmente complicato da gestire, non solo nella determinazione delle tariffe di riferimento, ma, anche e soprattutto, nella ponderazione delle superfici occupate o detenute meritevoli di esenzione dal pagamento della TARI.