Le spese di sponsorizzazione sono integralmente deducibili.
COMMISS. TRIB. PROV. BARI, SEZ.VIII, SENT. N°657 DEL 02/12/2015, DEP. IL 18/02/2016.
ACCERTAMENTO – REDDITO D’IMPRESA – ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE – SPESE PER SPONSORIZZAZIONE – DEDUCIBILITA’ – PRESUNZIONE LEGALE EX ARTICOLO 90, COMMA 8, DELLA LEGGE 27 DICEMBRE 2002, N°289 – CONFIGURABILITA’.
A cura di Francesco FATONE.
«Le spese di sponsorizzazione sono riconducibili alle spese di pubblicità e come tali integralmente deducibili. Le somme che vengono erogate a tale titolo rientrano nei parametri qualitativi e quantitativi contenuti nel comma 8 dell’art.90 della Legge 289 del 2002 che introduce nell’ordinamento tributario una presunzione assoluta circa la natura di tali spese che vengono considerate, entro il limite dei 200 mila euro su base annua, spese di pubblicità, e che come tali si rendono integralmente deducibili ai fini del reddito d’impresa. In base a tale interpretazione e nei limiti del suddetto importo, si ritiene escluso qualsiasi sindacato di merito da parte degli organi verificatori con riferimento all’utilità di tali spese, all’inerenza e alla capacità di apportare maggiori ricavi o proventi a chi li eroga».
IL CASO.
L’Agenzia delle Entrate notificava ad un’impresa individuale un avviso di accertamento a mezzo del quale, ritenuta indeducibile ai sensi dell’art.109, co.5, del D.P.R. 22/12/1986, n°917 (TUIR) la spesa sopportata dalla contribuente a fronte di un contratto di sponsorizzazione sottoscritto con una società sportiva dilettantistica, intentava il recupero a tassazione del relativo importo ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA.
In particolare, l’Ufficio impositore considerava inattendibile la documentazione contabile ed extracontabile prodotta dalla contribuente in fase preaccertativa, oltreché non inerente ed antieconomica la spesa sostenuta per la sponsorizzazione, e conseguentemente procedeva alla rettifica del reddito d’impresa e del volume d’affari per l’annualità in contestazione.
La contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla competente Commissione Tributaria, la quale accoglieva la domanda giudiziale così proposta, annullando l’impugnato avviso di accertamento.
L’ARTICOLO 90, COMMA 8, DELLA LEGGE 27/12/2002, N°289.
L’art.90 della Legge n°289/2002 (Legge finanziaria 2003), rubricato «Disposizioni per l’attività sportiva dilettantistica», prevede al comma ottavo che «Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.».
Con la previsione normativa appena citata il legislatore ha dunque introdotto una presunzione legale ai sensi dell’art.2728 c.c.[1], per cui le corresponsioni, in danaro o in natura, effettuate nei confronti di a.s.d., di s.s.d., oltreché in favore degli altri enti ivi contemplati, si considerano ex lege e fino all’importo massimo di euro duecentomila, spese di pubblicità – come tali deducibili ai sensi dell’art.108 del TUIR[2].
La ratio di detta norma risiede appunto nel voler incentivare gli investimenti nel settore dello sport dilettantistico, premiando il soggetto erogante con la piena deducibilità dei costi di tal fatta sostenuti, seppur entro il limite dell’anzidetto importo.
Ebbene, avuto riguardo al caso di specie, il Giudice tributario barese ha rilevato in sentenza che, al fine di configurare l’applicabilità della norma di cui al citato art.90, co.8, della L. n°289/2002, occorre valutare la sussistenza di quei requisiti già posti in evidenza dalla prassi amministrativa[3], ovverosia: i corrispettivi erogati devono essere destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante; a fronte di tale erogazione, deve essere riscontrata una specifica attività del beneficiario della stessa. A tali requisiti ha poi aggiunto quelli dell’effettività della spesa, della necessaria coincidenza tra i destinatari dei corrispettivi e gli enti richiamati dalla norma, oltreché dell’avvenuto adempimento da parte del beneficiario degli obblighi posti a suo carico nel contratto.
L’aver specificato puntualmente tutti i requisiti richiesti al fine di poter configurare la fattispecie normativa de qua appare particolarmente rilevante, posto che la pronuncia in commento contribuisce senz’altro a rendere meno sfumati i contorni dell’applicabilità dell’istituto della deducibilità delle spese di sponsorizzazione in favore delle società sportive dilettantistiche e degli altri enti richiamati nel citato articolo 90 della Legge finanziaria 2003.
INERENZA, ANTIECONOMICITA’ E ONERE DELLA PROVA.
Il pronunciamento che quivi si commenta offre altre interessanti enunciazioni in riferimento alla deducibilità delle spese di sponsorizzazione.
In particolare, posto che l’Ufficio impositore aveva inteso contestare la sproporzione tra il volume d’affari dichiarato e la spesa sostenuta per sponsorizzare un’a.s.d., il Collegio giudicante affronta le (dibattute) tematiche dell’inerenza dei costi, dell’antieconomicità delle scelte imprenditoriali e del relativo onere della prova.
In ordine all’inerenza dei costi così sopportati, il Giudice tributario barese – richiamando il consolidato indirizzo giurisprudenziale formatosi in subiecta materia[4] – osserva che deve ritenersi inerente tutto ciò che sul piano dei costi e delle spese appartiene alla sfera dell’impresa, in quanto sostenuto nell’intento di fornire a quest’ultima un’utilità, anche in modo indiretto. Diversamente – prosegue il giudicante – l’inerenza è esclusa per tutto ciò che si può ricondurre alla sfera personale o familiare dell’imprenditore, ovvero del socio o del terzo.
Quanto all’antieconomicità, il Collegio tributario barese avverte che l’imprenditore non può sapere in anticipo quale sarà il ritorno economico dell’operazione, ragion per cui non è possibile giudicare ex post l’effetto della sponsorizzazione e concludere che, ove l’incremento del fatturato non sia sensibile, allora il costo sia antieconomico e come tale indeducibile.
Altra importante statuizione è resa circa l’incombenza dell’onere probatorio. In proposito è affermato in sentenza che, come già rilevato in altra pronuncia di merito[5], è l’Agenzia delle Entrate che deve dimostrare che i rapporti di sponsorizzazione non siano effettivamente intercorsi – con ciò ponendo l’onere della prova a carico dell’Ufficio.
CONCLUSIONI
Conclusivamente, la sentenza in commento si segnala per la chiarezza contenutistica e per la specificità delle statuizioni in diritto ivi riportate, con pertinenti richiami ad altri pronunciamenti di merito e di legittimità, per cui non può che apprezzarsi e condividersi l’orientamento così espresso dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bari in ordine ad una questione ampiamente dibattuta – quale è quella vertente sulla deducibilità delle spese per sponsorizzazione, che ha generato (e verosimilmente genererà) un ampio contenzioso.
A cura dell’avv. Francesco Fatone.
[1] Le presunzioni legali o praesumptiones iuris sono quelle il cui valore è sancito direttamente dalla legge, essendo pertanto sottratte al libero apprezzamento del giudice.
[2] Si noti che nel testo del citato art.90, co. 8, della L. n°289/2002 si fa riferimento all’art.74, co.2, del D.P.R. n°917/1986, articolo poi sostituito dall’art.1, co.1, del D.lgs. n°344/2003 con l’attuale 108 del medesimo D.P.R.
[3] Nella pronuncia in parola, il giudice tributario richiama espressamente la circolare n°21/E del 22/04/2003 emessa dall’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso.
[4] Cfr. Cass. civ., Sez.V, sent. 6548 del 27/04/2012.
[5] Cfr. Commiss. Trib. Prov. di Reggio-Emilia, Sez.IV, sent. n°116 del 19/09/2012.