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Ricostruzione induttiva del reddito imponibile

In caso di ricostruzione induttiva del reddito è ammesso il calcolo della percentuale di ricarico stabilita dall’esercente prendendo in considerazione solo un campione significativo di merci attraverso cui l’Ufficio può applicare la media semplice e non quella ponderata. Inoltre, l’inattendibilità complessiva delle scritture contabile determinata da omissione, falsità, incertezza nella loro tenuta legittima l’ufficio
impositore all’accertamento induttivo del reddito imponibile fondato su presunzioni anche prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

SOMMARIO: 1. Massima – 2. Il caso – 3. La questione – 4. Le soluzioni giuridiche – 5. Osservazioni

 

Cass. Civ., 16 marzo 2020, n. 7290

  1. Massima

In caso di ricostruzione induttiva del reddito è ammesso il calcolo della percentuale di ricarico stabilita

dall’esercente prendendo in considerazione solo un campione significativo di merci attraverso cui l’Ufficio

può applicare la media semplice e non quella ponderata. Inoltre, l’inattendibilità complessiva delle scritture

contabile determinata da omissione, falsità, incertezza nella loro tenuta legittima l’ufficio impositore

all’accertamento induttivo del reddito imponibile fondato su presunzioni anche prive dei requisiti di gravità,

precisione e concordanza.

  1. Il caso

L’agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione in sede di legittimità a seguito del deposito della

sentenza della CTR Basilicata che accoglieva l’appello presentato dalla Curatela fallimentare in sede di

rinvio ex art. 394 cpc, annullando, pertanto, l’avviso di accertamento emesso e notificato dall’ufficio.

In particolare, ex ante l’Agenzia delle entrate aveva notificato un avviso di accertamento IRPEG ed ILOR con

il quale era stato rideterminato il reddito della società riconducibile al periodo d’imposta 1992.

In particolare, il modus operandi dell’ufficio aveva necessitato nel caso di specie l’applicazione della

ricostruzione induttiva della capacità reddituale della Srl in applicazione dell’art. 39, comma 2 del d.P.R. n.

600/1973 in considerazione delle evidenti irregolarità ed omissioni contabili con conseguente inattendibilità

delle scritture contabili redatte della Srl.

  1. La questione

Dopo avere espletato i due gradi di giudizio nel merito davanti alle Commissioni tributarie territorialmente

competenti, la questione è stata posta al vaglio della Corte di Cassazione a seguito di ricorso presentato

dall’ufficio impositore tramite l’Avvocatura Generale dello Stato. In particolare, gli Ermellini in accoglimento

delle ragioni mosse dall’Agenzia delle entrate rinviavano il giudizio alla CTR Basilicata che, a sua volta, dopo

avere esaminato nuovamente gli aspetti della questione disponeva l’annullamento dell’atto impositivo riferito

al periodo d’imposta 1992. Avverso la nuova sentenza della CTR Basilicata, l’Agenzia delle entrate

presentava un nuovo ricorso per cassazione in cui evidenziava un unico motivo di doglianza: ossia, la

violazione e falsa applicazione dell’art. 39 comma 2 , lett.d) del d.P.R. n. 600/1973 in relazione all’art. 360

comma 1 n. 3) c.p.c. avendo il giudice di appello deciso senza uniformarsi ai principi generali enunciati dalla

stessa Corte di Cassazione nel primo giudizio di legittimità, derogando la CTR ai principi generali che

disciplinano l’onere della prova nonché la natura presuntiva della prova richiesta ex lege per l’accertamento

induttivo. Pertanto, l’ufficio chiedeva la cassazione della sentenza con riaffermazione dei principi di diritto

applicabili al caso di specie. Si costituiva nei termini di legge la Curatela della Srl che dopo avere eccepito

l’inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di autosufficienza, nel merito, evidenziava la sua

infondatezza con contestuale richiesta di rigetto.

  1. Le soluzioni giuridiche

Il principio giurisprudenziale disposto dalla Corte di Cassazione nella Sentenza n. 7290 del 16 marzo

2020

Preliminarmente, per esigenze di maggiore chiarezza è sicuramente rilevante in materia di accertamento

induttivo analizzare le peculiarità principali che caratterizza questa tipologia di accertamento, a cui spesso

l’Agenzia delle entrate deve necessariamente ricorre, allorquando, si trova a dovere esaminare scritture

contabili tenute in modo irregolare o assolutamente omesse.

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Giurisprudenza commentata di Giuseppe Durante

Infatti, se vogliamo, la differenza principale tra l’accertamento condotto con il metodo analitico extra

contabile e quello effettuato con metodo induttivo cosiddetto puroè configurabile nella parziale o assoluta

inattendibilità dei dati desumibili dalle scritture contabili. In altre parole, la valenza probatoria in termini di

attendibilità e congruenza dei dati desumibili dalle scritture contabili tenute dal contribuente, impone all’ufficio

impositore la scelta del metodo induttivo; vale a dire, la modalità di ricostruzione necessaria della capacità

reddituale del contribuente che non ha compilato correttamente e completamente le scritture contabili.

Nel primo caso, ossia, con l’accertamento analitico contabile l’incompletezza, la falsità o inesattezza dei

dati indicati nelle scritture contabili, non consente comunque all’ufficio accertatore di prescindere dagli stessi,

dovendo in tal caso l’Agenzia delle entrate soltanto provvedere, in fase di accertamento, a completare le

lacune riscontrate e potendo, l’ufficio procedente, utilizzare comunque anche presunzioni semplici

rispondenti ai requisiti di cui all’art. 2729 cc. Diversamente, in caso di accertamento induttivo puro come la

stesa denominazione suggerisce, le omissioni, le falsità e le inesattezze riscontrate dall’ufficio impositore

nelle scritture contabili sono tali e tante da inficiarne l’attendibilità, anche minima; per cui, l’Agenzia delle

entrate è legittimata a prescindere totalmente dalle risultanze del bilancio societario nonché dalle stessa

scritture contabili assolutamente inutilizzabili per la quantificazione della capacità reddituale del contribuente.

In questo caso, l’ufficio impositore nel determinare ex novo la capacità reddituale del contribuente per

l’annualità considerata può avvalersi di elementi meramente indiziari e, pertanto, privi dei requisiti previsti per

la prova presuntiva dagli artt. 2727 e 2729 cc.

In questa casistica specifica, ai sensi dell’art. 39, comma 2 del d.P.R. n. 600/1973 l’ufficio può desumere il

reddito imponibile del contribuente prendendo in considerazione i dati e le notizie raccolte o di cui è venuta a

conoscenza tra cui è fatta salva la possibilità di utilizzo della redditività media del settore specifico in cui

opera l’impresa accertata, ben potendo l’ufficio rideterminare la percentuale di ricarico sulla base dei dati

concreti raccolti, integrare operazioni finalizzati tutti alla ricostruzione del volume d’affari riconducibile alla

società accertata.

In altre parole, nell’accertamento induttivo cosiddetto puro l’assoluta inattendibilità e, pertanto, inutilizzabilità

in termini probatori delle scritture contabili, attribuisce all’ufficio accertatore una maggiore possibilità di

manovra potendo, lo stesso, ponderare ogni elemento utile che possa essere significativo nella ricostruzione

della capacità reddituale del contribuente accertato.

Per le stese ragioni sopra descritte (inutilizzabilità assoluta dei dati desumibili dalle scritture contabili),

l’Agenzia delle entrate è legittimata ad avvalersi delle presunzioni cosiddette super-semplici cioè dei

requisiti di gravità, precisione e concordanza, implicando ciò l’inversione dell’onere della prova in capo al

contribuente il quale avrà l’onere di dimostrare o la mancanza di produzione del reddito per l’annualità

accertata o che il reddito prodotto è inferiore rispetto a quello determinato induttivamente dall’ufficio.

Ora, l’esigenza di acquisire ed esaminare un campione significativo, e non la maggior parte o addirittura la

totalità di merci commercializzate dal contribuente segna il confine tra l’accertamento induttivo di cui al

richiamato art. 39, comma 2 del d.P.R. n. 600/1973 e quello analitico induttivo previsto sempre dall’art. 39,

comma 1 dello stesso decreto con la differenza che cambia la qualità e pertanto la valenza probatoria degli

indizi raccolti dall’ufficio nella ricostruzione induttiva del reddito imponibile.

Con riferimento al caso di specie, secondo i giudici di Palazzaccio aditi per la seconda volta in sede di

legittimità, il giudice di appello della CTR ha negato la valenza probatoria al campione di prodotti attenzionati

dall’Agenzia delle entrate finalizzato al calcolo del ricarico, ritenendo, il giudice di appello, esiguo il numero di

merci presi a campione dall’ufficio accertatore rispetto a quelli commercializzati in totale dalla società. In

quest’ottica, sempre il giudice della CTR ha ritenuto necessario il richiamo ad una percentuale media da cui

non è possibile prescindere nel caso in cui si tratta di una vendita che ha ad oggetto una vastità di prodotti

commercializzabili. Tale assunto ha giustificato pertanto l’inattendibilità della redditività pari al 3% come

fissata dall’Agenzia delle entrate nella casistica in esame.

Rapportandosi alla pronuncia depositata in sede di gravame gli Ermellini in primis hanno censurato la

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Giurisprudenza commentata di Giuseppe Durante

sentenza di appello poiché in essa non si spiega perché il campione di merci presi in considerazione

dall’ufficio è risultato poco significativo per il calcolo del ricarico applicabile. In altre parole, il giudice del

gravame non ha offerto secondo la Corte di Cassazione, alcuna spiegazione, ne anche minima, sulle ragioni

da cui potere dedurre la pochezza nonché l’irrilevanza dei prodotti presi in esame in sede di accertamento a

fronte dell’intero parco merceologico commercializzato.

Il secondo motivo di censura posto dagli Ermellini alla sentenza di appello rinviene dalla precisazione che nel

caso di specie trattandosi di accertamento induttivo puro è fatta salva la possibilità per l’ufficio accertatore

di utilizzo di indizi che non devono avere necessariamente i requisiti della gravità, precisione e

concordanza, potendo l’ufficio impositore effettuare il ricalcolo del reddito imponibile ma soprattutto della

percentuale di ricarico attraverso l’utilizzo della media semplice e non di quella ponderale, e ciò non perché

emerge dalla sentenza un riscontro oggettivo di tale affermazione, ma esclusivamente per una deduzione

logica della pretesa non significatività dei beni commercializzati presi in esame dall’Agenzia delle entrate in

sede di accertamento. La Corte di Cassazione ha evidenziato nella pronuncia in commento l’errato

orientamento palesato dai giudici di appello che hanno ritenuto imprescindibile da parte dell’ufficio la raccolta

di indizi con i caratteri della gravità, precisione e concordanza in deroga ai principi già espressi in altre

sentenze dagli stessi Ermellini.

Nel caso di specie, l’ufficio era legittimato in considerazione della assoluta inattendibilità delle scritture

contabili ad espletare l’accertamento induttivo puro che in quanto tale, secondo i principi sopra richiamati,

fa salva la possibilità di utilizzo in sede di accertamento di indizi super semplici senza dunque i requisiti

della gravità precisione e concordanza. Principio quest’ultimo non osservato dal giudice del gravame.

  1. Osservazioni

In conclusione, si tratta di una pronuncia in occasione della quale i Giudici di Palazzaccio hanno focalizzato

gli aspetti principali che contraddistinguono l’accertamento analitico extracontabile e quello induttivo puro, la

cui differenza sostanziale si concretizza nell’attendibilità o meno dei dati desumibili dalle scritture contabili

vagliate dai verificatori per conto dell’Amministrazione finanziaria. La valenza in termini di attendibilità o

meno dei dati contabili legittima i verificatori ad optare per l’uno o l’altro metodo induttivo; il fine tuttavia è lo

stesso in entrambi i casi: ricostruire la capacità reddituale del contribuente.